For you, per te. Il ringraziamento di Alì, aiutato dai volontari della Winterhaus
La storia di Alì è stata raccontata dai promotori della “Winterhaus” su Fb, dove in questi mesi hanno tenuto un diario quotidiano di quello che accadeva nel Centro.
Domenica 14 marzo sarebbe dovuta essere una giornata triste. Dopo due mesi, infatti, la “Winterhaus” (casa d’inverno) stava per chiudere i battenti. Ma lui, Alì, non stava nella pelle dalla gioia.
Alì è di casa al Centro diurno temporaneo per i senzatetto, un progetto nato a Bolzano grazie alla volontà e alla determinazione di Ludwig Thalheimer, Caroline von Hohenbühel, Paul Tschigg, Marion Maier, Maria Lobis e Rudi Nocker. Quella della “Winterhaus” è un’iniziativa che è stata avviata per offrire un riparo nelle giornate più fredde dell’anno a chi un tetto non ce l’ha. Un’iniziativa per offrire non solo un luogo caldo, ma anche calore umano: in tempo di pandemia il distanziamento sociale verso chi non può restare a casa perché una casa non ce l’ha può diventare, infatti, un abisso insuperabile.
Il progetto della “Winterhaus” doveva durare solo due settimane, giusto il tempo perché l’amministrazione comunale trovasse una soluzione alternativa. Ma la soluzione non è arrivata. E così le due settimane sono diventate due mesi e ai primi sei volontari se ne sono aggiunti altri 41. Si sono organizzati in turni e hanno permesso alla “Winterhaus” – ospitata gratuitamente nelle sale del Centro parrocchiale del duomo di Bolzano, in questi mesi vuoto a causa delle restrizioni anti-Covid – di rimanere aperta tutti i giorni, domeniche comprese.
I volontari hanno offerto decine di ore di ascolto, hanno servito circa 700 litri di the, distribuito 80 chili di biscotti e torte, più di 30 chili di mele e banane e circa 10 chili di cioccolato. E poi c’è stato chi ha portato pizza, minestrone, materiale per l’igiene personale, vestiti di ogni tipo, coperte e sacchi a pelo.
Nel rispetto delle norme anticontagio, i posti a disposizione erano 21. C’è chi ha frequentato il Centro con una certa regolarità, chi saltuariamente. Al 31 gennaio le persone registrate erano 79. Poi, grazie al passaparola, il gruppo è andato crescendo di giorno in giorno, fino a contare 180 persone, provenienti da 26 Paesi, con storie e vissuti diversi, ma accomunate tutte da una cosa: essere senza fissa dimora. Alì è una di queste 180 persone.
Quando la mattina del 14 marzo si è presentato sulla porta della “Winterhaus”, la mascherina che gli copriva il volto non riusciva a contenere la sua felicità. In mano stringeva un biglietto. Era un foglio di quaderno a quadretti, sul quale con un pennarello nero c’era scritto “for you”, accompagnato da uno smile.
Ai volontari della “Winterhaus” Alì ha chiesto di aiutarlo a scrivere una frase di ringraziamento in italiano e in tedesco. Durante le giornate trascorse al Centro diurno ha iniziato a imparare un po’ le due lingue che si parlano abitualmente nella terra in cui è arrivato da qualche tempo, ma non è ancora in grado di scrivere correttamente un’intera frase da solo.
Come tanti suoi compagni di strada, Alì dorme da mesi all’aperto, in rifugi di fortuna. Alle volte trascorre la notte sotto a un ponte o sotto l’autostrada, altre volte trova riparo in una baracca abbandonata nella periferia della città. Nessuno di questi luoghi è per lui un riparo stabile e sicuro. Per questo motivo, tutte le mattine, quando si sveglia, infila le poche cose che ha in uno zaino vecchio e logoro e va in una chiesa della città. Qui nasconde il suo zaino sotto un banco laterale. Lo infila ben bene sotto la seduta, in un angolo buio, in maniera che nessuno lo veda e soprattutto glielo porti via. Con sé tiene solamente i documenti. A fine giornata, poi, prima di andare a dormire, ritorna in quella chiesa e va a riprendersi lo zaino. Così ha fatto anche la sera di sabato 13 marzo. Quando è andato a cercare le sue cose sotto la panca, però, ha trovato una sorpresa. Accanto al suo vecchio zaino ce n’era un altro, nuovo di zecca, pieno zeppo di frutta fresca. E sopra c’era quel “for you” sorridente, scritto a mano su un foglio di quaderno a quadretti.
Ora Alì voleva ringraziare il misterioso autore di quel gesto che gli aveva riempito il cuore. Una persona che sapeva dove lui lasciava le sue cose, ma non le ha toccate, le ha rispettate. Così come ha rispettato il suo essere e la sua storia e, con tanta discrezione, gli ha teso la mano per dargli aiuto.
La storia di Alì è stata raccontata dai promotori della “Winterhaus” su Fb, dove in questi mesi hanno tenuto un diario quotidiano di quello che accadeva nel Centro.
“Danke vielmals hat mich sehr gefreut”. I tratti sul foglio a quadretti rivelano che a scrivere, con una biro blu, la frase di ringraziamento in tedesco è stata la mano di una volontaria. Ma il ringraziamento in italiano lo ha scritto lui, Alì, di suo pugno: “Grazie mille per il gesto”. Parole a cui ha aggiunto anche un “danke” (grazie) e un “merci” in francese, lingua che per lui è più familiare.