Famiglie rom dal papa: "Non portate rancore, andate avanti con dignità"
Il Santo Padre ha accolto una folta rappresentanza del popolo Rom e Sinti, ascoltando la testimonianza dello “zingaro diventato prete” e di tre mamme, che denunciano: "Profonda preoccupazione per crescente violenza verso le nostre comunità". Il Papa: “Cittadini di seconda classe quelli che scartano la gente”
ROMA - La sala gremita di bambini, giovani e adulti, rom e non solo. Il Papa ha aperto oggi le porte del Vaticano al popolo Rom e Sinti, invitandolo a un incontro di preghiera nella Sala Regia del Palazzo Apostolico. Un segno forte, nei giorni degli insulti e delle violenze a Casal Bruciato. Non fa riferimenti diretti, papa Francesco, ma le sue parole sono dure e inequivocabili: “Ci sono cittadini di seconda classe, è vero: sono coloro che scartano la gente, perché non sanno abbracciare ma allontanano, vivono con la scopa in mano buttando fuori gli altri. La vera strada è la fratellanza”. Il vero problema, evidenziato da Papa Francesco, non è “politico , sociale, culturale, di lingua: queste sono cose secondarie. Il problema è la distanza tra mente e corpo. Mi fa arrabbiare il fatto che siamo abituati a pare delle persone usando gli aggettivi: sono gli aggettivi che creano la distanza”. L'invito del Papa al popolo Rom e Sinti è dunque di “non portare rancore, ma andare avanti con la dignità della famiglia, del lavoro, del guadagnarsi il pane ogni giorno, sempre guardando avanti. Poi la storia farà giustizia. Il rancore ammala il cuore, la testa e porta alla vendetta – ha detto ancora – In Italia ci sono organizzazioni maestre di vendetta, gruppi capaci di vivere nell'omertà: sono queste le persone delinquenti, non voi che andate avanti con dignità”.
Lo “zingaro che si è fatto prete”. Stamattina c'era anche don Cristian Di Silvio, trent'anni, da tre sacerdote, oggi vice parroco nelle chiese di Roccasecca e Colle san Magno. “La mia storia è una storia ordinaria, resa straordinaria dal fatto che Dio mi ha scelto da un popolo che vive una condizione culturale differente dagli stereotipi con cui siamo abituati a relazionarci – ha detto don Cristian, portando la sua testimonianza - Sì, sono un prete rom! Uno zingaro che diventa prete fa sempre notizia, un diverso, uno particolare. Ricordo che quando ne parlai con i miei compagni di seminario la prima cosa che mi chiesero fu se abitavo in una roulotte, se chiedevo l'elemosina e se la mia famiglia andava a rubare portafogli alla stazione Termini. Non mi sono lasciato abbattere da queste parole, grazie anche al mio padre spirituale. Ciò che ha reso ancora più straordinaria la mia storia vocazionale è stato il comprendere, nonostante mi dicessero il contrario, che non sono un diverso ma, come ognuno di noi presente in questa sala e non solo, unico e irripetibile. Siamo chiamati a sottolineare questo, secondo me: la nostra unicità piuttosto che la diversità”. Si sono poi presentate al Papa tre mamme rom - Dzemila, Miriana e Negiba – che fanno parte di “Mondo di mamme”, un gruppo di donne di diverse culture e religioni, che vivono la periferia estrema della città di Roma.
La testimonianza delle mamme rom. “Alcune di noi vivono in appartamenti in affitto, in case popolari – hanno raccontato - altre ancora in quelli che vengono chiamati 'campi nomadi', che altro non sono che delle baraccopoli, dei ghetti dove, su base etnica, le nostre famiglie sono segregate dalle istituzioni comunali. Come donne e come mamme avvertiamo sulla nostra pelle la distanza che spesso la società maggioritaria, costruisce tra noi e le istituzioni pubbliche. Anche le recenti norme, varate da chi è chiamato a governare, rendono più difficile la regolarizzazione di molte nostre famiglie, facendo cadere nell'invisibilità nuclei familiari che, anche se di origine straniera, vivono da decenni nel nostro Paese”. Hanno parlato anche della scuola, le mamme: “Malgrado conosciamo straordinari insegnanti, non sempre l'istituzione scolastica si presenta in grado di assicurare pieno diritto all'istruzione dei nostri figli. Molti di loro, nelle aule scolastiche, vivono sulla loro pelle lo stigma della diversità e vedono dall'inizio la loro carriera scolastica come un percorso ad ostacoli davanti ai quali molti bambini e ragazzi finiscono per arrendersi”. E poi c'è, per tutti in Italia, la difficotà di “trovare un lavoro che assicuri dignità e sostentamento economico. Ed è ancora più difficile se sei donna, se hai poche risorse, se vivi nella periferia più estrema, se sei una donna rom”. Le mamme hanno poi espresso la propria “profonda preoccupazione” perché “discorsi di odio, ma anche azioni violente contro le nostre comunità, sono in costante aumento. Alcune di noi vivono in alloggi non adeguati e sono vittime di sgomberi forzati organizzati dalle autorità in assenza di alternative adeguate”. Nonostante tutte le difficoltà, “guardiamo però al futuro con speranza – assicurano - Siamo donne e siamo mamme, e questo ci dà la forza di andare avanti per migliorare le condizioni di vita nostre e dei nostri figli. Ci aiuta osservare tra noi quelle donne e quelle mamme che ce l'hanno fatta, che hanno vinto battaglie, superato ostacoli, sconfitto pregiudizi e che ora guardano al futuro con speranza. Sogniamo per l’Italia un risveglio di umanità – hanno detto infine le mamme - Un'Italia che abbracci le differenze, che si consideri fortunata per tutte le differenze e le culture che la compongono. Un'Italia che recuperi il valore della speranza.
La stessa speranza che oggigiorno leggiamo negli occhi dei nostri figli e che le sue parole, Santità, ci hanno sempre consegnato in questi anni e che ci aiutano a credere in un Paese più umano, più giusto, più solidale”.
Questa speranza, letta negli occhi dei figli, “mi ha toccato particolarmente il cuore – ha commentato il Papa - La speranza, quando è concreta. non delude mai. Le mamme lottano tutti i giorni per la concretezza: crescere un figlio, dargli da mangiare, educarlo, inserirlo nella società. Le mamme sono speranza: una donna che porta un figlio al mondo è segno di speranza, capace di creare orizzonti. Vi ringrazio tanto – ha concluso il Papa - Vi sono vicino e quando leggo sui giornali cose brutte, soffro, perché questa non è civiltà: l'amore è civiltà. Il Signore vi benedica e pregate per me”.