Famiglia. «Tu sei prezioso ai miei occhi». Lo sguardo di suor Lia Pasquale

Il settimo capitolo di Amoris laetitia, in cui papa Francesco incoraggia i genitori nel loro delicato compito di educare i figli, è un piccolo trattato di pedagogia che recupera elementi sapienziali dall’esperienza di vita concreta, un percorso di riflessione, un invito ad assumere con fiducia la responsabilità verso le nuove generazioni

Famiglia. «Tu sei prezioso ai miei occhi». Lo sguardo di suor Lia Pasquale

Nella mia piccola esperienza di incontro e di ascolto di tante coppie e di genitori, spesso avverto, soprattutto in questo tempo, un diffuso senso di inadeguatezza, una percezione di incapacità verso i figli che riescono quasi sempre a destabilizzare ogni certezza degli adulti. “Rafforzare l’educazione dei figli” è il titolo del 7° capitolo di Amoris laetitia, nel quale papa Francesco sembra voler rinforzare, incoraggiare i genitori, nel loro delicato compito di educare i figli e le sue indicazioni sono davvero preziose! Il testo è un piccolo trattato di pedagogia che recupera elementi sapienziali dall’esperienza di vita concreta, un percorso di riflessione, un invito ad assumere con fiducia la responsabilità verso le nuove generazioni.

«Lo sviluppo affettivo ed etico di una persona richiede un’esperienza fondamentale: credere che i propri genitori sono degni di fiducia... Quando un figlio non sente più di essere prezioso per i suoi genitori nonostante sia imperfetto, o non percepisce che loro nutrono una preoccupazione sincera per lui, questo crea ferite profonde che causano molte difficoltà nella sua maturazione» (AL 263). Si tratta di avere lo stesso sguardo che ha Dio sul suo popolo: «Tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo» (Is 43,4). È nel riconoscersi preziosi, degni di stima e amati che si cresce, si matura verso un esercizio corretto della propria libertà, ma l’amore non si racconta, si vive, come afferma Jung: «I bambini vengono educati da quello che gli adulti sono e non dai loro discorsi».

I genitori trasmettono amore verso un figlio anzitutto attraverso il loro reciproco amore, questo li rende credibili, degni di fiducia, così allora ogni gesto d’amore verso i figli diventa fonte di vita e di crescita, predispone all’apertura, crea reciprocità, diventa una base solida, una radice sicura che suscita curiosità, interesse, stupore, solidarietà verso “l’altro”. Quando ci si sente amati, ci si colloca di fronte all’altro senza paura: «Il compito educativo deve suscitare il sentimento del mondo e della società come “ambiente familiare” è un’educazione al saper “abitare”, oltre i limiti della propria casa. Nel contesto familiare si insegna a recuperare la prossimità, il prendersi cura, il saluto. Lì si rompe il primo cerchio del mortale egoismo per riconoscere che viviamo insieme ad altri, con altri, che sono degni della nostra attenzione, della nostra gentilezza, del nostro affetto» (AL 276). Nell’enciclica Fratelli tutti, papa Francesco ci ricorda anche che nelle relazioni interpersonali «c’è bisogno di gesti fisici, di espressioni del volto, di silenzi, di linguaggio corporeo, e persino di profumo, tremito delle mani, rossore, sudore, perché tutto ciò parla e fa parte della comunicazione umana» (FT 43).

I figli recepiscono ogni tratto, ogni sfumatura dell’amore dei propri genitori, avvertono amore anche quando la mamma e il papà correggono: «Un bambino corretto con amore si sente considerato, percepisce che è qualcuno, avverte che i suoi genitori riconoscono le sue potenzialità» (AL 269); anche quando lo educano alla capacità di attendere: «Rimandare non è negare il desiderio, ma differire la sua soddisfazione... quando si educa ad imparare a posporre alcune cose ad aspettare il momento adatto, si insegna che cosa significa essere padrone di sé, autonomo davanti ai propri impulsi» (AL 275). I genitori amano i loro figli anche aiutandoli a “stare” nella fragilità, nella debolezza umana: «Un’educazione che tiene al riparo dalla sensibilità per la malattia umana, inaridisce il cuore. E fa sì che i ragazzi siano “anestetizzati” verso la sofferenza altrui, incapaci di confrontarsi con la sofferenza e di vivere l’esperienza del limite» (AL 277). Grazie dunque cari genitori, perché il vostro impegno nella famiglia «è avere il coraggio di far parte del sogno di Dio, il coraggio di sognare con Lui, il coraggio di costruire con Lui, il coraggio di giocarvi con Lui questa storia, di costruire un mondo dove nessuno si senta solo» (AL 321).

Camminiamo nell’amore, scheda 12

La scheda 12 del sussidio Camminiamo nell’amore, offre degli strumenti per aiutare adulti e sposi ad approfondire alcune attenzioni utili nell’educare all’amore. È possibile richiedere il materiale alla segreteria dell’ufficio diocesano di Pastorale della famiglia.

suor Lia Pasquale

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