Evoluzione pervasiva. La rivoluzione digitale ci ha colti impreparati e distratti
Noi adulti abbiamo permesso che divenisse pervasiva, sottovalutandone la portata e la ricaduta sui nostri ragazzi.
Prima di esprimere qualsiasi considerazione sui nostri giovani e marcare le differenze tra la nostra generazione e la loro, dovremmo sempre tener presente che siamo nel pieno di una complessa rivoluzione culturale che sta scardinando non soltanto le nostre (poche) certezze, ma anche e soprattutto le modalità comunicative e le capacità percettive di chi ne viene travolto.
Lo snodo epocale viene spesso definitivo in maniera riduttiva “rivoluzione digitale”. Di fatto il medium è tecnologico, ma i contenuti che veicola non sono che il frutto di una evoluzione antecedente alla digitalizzazione. Quest’ultima ha procurato un canale al cambiamento e lo ha incredibilmente accelerato. Lo scenario che si è aperto, sempre più rapidamente, ci ha colti impreparati e distratti.
Distratti, soprattutto, perché la “digitalizzazione” ha le sue seduzioni e le sue comodità e quindi anche noi adulti di riferimento gli abbiamo aperto le porte delle nostre case e abbiamo permesso che divenisse pervasiva. Ne abbiamo sottovalutato la portata e, soprattutto, la ricaduta sui nostri cuccioli d’uomo.
E’ chiaro che in nessun modo avremmo potuto sottrarci a questo universale cambiamento e stigmatizzarne gli esiti ora non servirebbe a nulla, anche perché siamo ancora nel pieno del flusso della trasformazione e quindi non in grado di valutarne correttamente i risultati.
Ciò che invece appare sempre più chiaro è la linea di demarcazione profonda che si è creata tra noi e i nostri figli: generazioni che si guardano dalle sponde opposte dello stesso fiume. Noi imbevuti di un passato che sembra sia stato polverizzato da un presente “molteplice” e “aumentato”; loro prototipi di una nuova società priva di modelli di riferimento e di manuale di istruzioni e quindi ondivaga, fortemente destrutturata, ma al contempo “potente” grazie ai suoi mezzi.
Come venire a capo di questo cortocircuito? La scuola, tra i diversi enti educativi, si sta molto interrogando. I motivi sono prevalentemente due: il primo è di natura epistemologica e culturale; il secondo di taglio più emergenziale.
L’aspetto epistemologico e culturale chiede che una società complessa venga formata e istruita attraverso processi che tengano conto dei suoi molteplici aspetti. Le ultime indagini statistiche restituiscono una immagine del nostro Paese preoccupante: l’Italia ha un sistema scolastico ancora farraginoso e anacronistico. La matematica resta lo scoglio insuperabile per i ragazzi, ma non solo: cadono in maniera vertiginosa anche le competenze linguistiche, tecniche e scientifiche. Risulta dagli studi dell’Ocse che siamo fra gli ultimi in Europa per capacità di compensare le diseguaglianze culturali tra ricchi e poveri. Non va meglio per quanto riguarda la dispersione scolastica. Uno studente italiano su tre abbandona la scuola superiore senza aver completato i cinque anni.
In questo quadro urge una rivisitazione completa della trasmissione dei saperi e delle metodologie di insegnamento, ormai non più così efficaci a quanto pare.
L’emergenza, invece, riguarda la questione educativa. Le classi sono sempre più ingestibili, sia per questioni disciplinari che per mancanza di motivazione all’ascolto e allo studio. I docenti continuano a rilevare la presenza di studenti con difficoltà attentive e sono in aumento esponenziale i disturbi specifici dell’apprendimento. Gli stili di apprendimento degli adolescenti rispondono, ad esempio, con alta precisione ai sensi della vista e dell’udito. La vista è il senso dominante di quest’epoca e si rivolge sia al reale che al virtuale.
Anche la capacità mnemonica dei giovani, inoltre, è profondamente cambiata.
Sono tutti sintomi inequivocabili di un malessere che sommerge la nostra società e, di conseguenza, riguarda la nostra scuola. I ragazzi stanno cambiando, sono nel pieno di una “mutazione evolutiva” che il contesto fatica ad accettare e non riesce a gestire.
Spesso la carenza di attenzione nella nuova generazione crea classi caotiche e prive di regole.
Inoltre le relazioni interpersonali si alimentano prevalentemente di stimoli emotivi. Le emozioni non producono sicurezza ma solo novità, eccezionalità, di fatto generano insicurezza se privi della profondità legata ai sentimenti. Gli adolescenti sono fragili e insicuri. La conseguenza più eclatante di questa condizione esistenziale è data dalla violenza, che più che volontà di fare male diventa una risposta alla paura.
Urgono quindi soluzioni e proposte per offrire nuove competenze agli studenti e per sostenere davvero i loro apprendimenti, i loro risultati, e agevolare l’impatto che avranno nella società come individui, cittadini e professionisti.