Essere e avere. Che rapporto hanno i nostri ragazzi con il denaro?
Parliamo di denaro ai nostri figli e ai nostri ragazzi, spiegando chiaramente che può diventare un mezzo e che mai però deve essere un fine
Che rapporto hanno gli adolescenti con il denaro?
Molti di loro gli attribuiscono un’enorme importanza, altri ne fanno un vero e proprio “scopo di vita”, ancor prima di mettere a fuoco il cammino professionale o di studi che vorrebbero intraprendere. Altri ancora ne sentono terribilmente la mancanza, vivendo privazioni e difficoltà economiche.
Nella società del capitalismo, del consumismo spinto e delle disuguaglianze sociali è arduo trovare dei punti di vista equilibrati sul tema del denaro. Ed è, di conseguenza, difficile fornire dei modelli educativi di riferimento per i nostri ragazzi.
Sicuramente non si tratta di un argomento trascurabile. Il rapporto degli adolescenti con il denaro evoca nodi da sciogliere: la dipendenza e l’autonomia, il processo di identificazione, l’emancipazione, il rapporto con la famiglia e con i pari, con l’infanzia e con il futuro. Non possiamo, inoltre, sottovalutare come i soldi siano nella società attuale un filtro dominante, attraverso il quale passi spesso anche il giudizio “distorto” di molte persone.
I media e i modelli di riferimento giovanili spesso misurano nella capacità di “far soldi” il valore delle persone e invitano chi li segue ad applicare gli stessi parametri di giudizio. Nell’epoca in cui viviamo, a quanto pare, sono gli outfit griffati, gli accessori costosi e instagrammabili e le auto di lusso a “fare il monaco”.
Chissà cosa direbbe in proposito il filosofo Diogene, che viveva in una botte e che durante una festa versò il vino e il cibo sulla sua “magnifica tunica”, asserendo che in effetti fosse “la tunica” a essere stata invitata al banchetto e non il suo contenuto…
La “tunica” di Diogene ripropone l’antica questione tra l’apparire e l’essere, nella quale il denaro dimostra di avere un ruolo fondamentale.
Forse, per poter competere adeguatamente con i messaggi fuorvianti di cui è disseminata la società del consumismo e dell’apparire, bisognerebbe iniziare precocemente a insegnare ai giovani l’importanza di gestire responsabilmente il denaro e soprattutto di attribuire a esso il giusto valore.
Magari coinvolgendoli gradualmente nelle questioni legate all’economia domestica, offrendo loro l’occasione di comprendere qual è l’effettivo ruolo dei soldi nella vita delle persone.
C’è una distorta correlazione, poi, tra la funzione del denaro e l’attitudine tipica degli adolescenti a coltivare desideri. Questi ultimi, infatti, vengono spesso interpretati dai genitori come delle “mancanze” a cui dare una risposta immediata, prevalentemente materiale. Raramente si prende in considerazione il fatto che non è destino di tutti i desideri tradursi in realtà e che a volte, alcuni di essi potrebbero sorprendentemente trasformarsi in fermento e ambire al rango superiore dei “sogni”. Non è forse attraverso i nostri sogni che abbiamo l’opportunità di comprendere chi siamo e di misurarci con le nostre potenzialità e i nostri limiti?
E allora perché impedire al desiderio di un giovane di generare un sogno, stroncandolo con l’urgenza di colmare “solidamente” una frustrazione o un senso di colpa esclusivamente genitoriale?
Con questa smania di soddisfare desideri attraverso il denaro si finisce, persino, col generare pericolosi equivoci e con il far credere che i valori, gli affetti e la felicità possano avere un prezzo.
Il denaro si trasforma pericolosamente nel “termometro” dei propri stati d’animo: sono triste e arrabbiato se ho pochi soldi e non compro, sono felice e soddisfatto se ho tanto denaro e posso acquistare tutto quello che voglio.
I brand e il mercato giocano sulla predisposizione adolescenziale al consumo e alla novità, trasmettendo il messaggio che per essere parte della comunità bisogna “possedere”. Ma trascurano, appunto, la predisposizione al “sogno”, anzi lo calpestano e lo omologano sul nascere.
Parliamo di denaro, dunque, ai nostri figli e ai nostri ragazzi, spiegando chiaramente che può diventare un mezzo e che mai però deve essere un fine. Guidiamoli nella scoperta di quella bellezza “che non si può comprare”, mostriamo loro che la libertà è uno stato interiore e nulla ha a che vedere con gli zeri contenuti in un estratto conto. Insegniamo ai giovani il rispetto nei confronti dei soldi, ma soprattutto quello nei confronti di sé stessi e delle altre persone.
La “tunica” per quanto magnifica possa essere, ci ricorda il saggio Diogene, ha bisogno di qualcuno che la indossi per poter prendere vita.