Ecuador. Nell'oceano di cemento di Duran arriva la street art Il progetto che evangelizza con la bellezza
Evangelizacion por la calle. I murales negli ambienti della parrocchia di San Francisco de Asis vogliono anche sensibilizzare su temi cruciali, quali il rispetto della donna e della famiglia, l'immigrazione, i campesiňos
La “street art” è una forma di espressione che trova spazio in tutte le periferie urbane del mondo. Su mura grigie, dentro mari di cemento, vernice e pittura danno forma a immagini di mille colori diversi. In Ecuador la street art è ovunque: le mura delle scuole sono “abitate” dai personaggi dei cartoni e delle fiabe, quelle dei negozi presentano invece i disegni dei prodotti in vendita. Ci sono poi i murales dei politici in campagna elettorale, quelli dei personaggi carismatici e anche i graffiti delle bande criminali che così delimitano il territorio.
Ora anche la missione padovana in Ecuador intende utilizzare la street art. Si chiama “Evangelizacion por la calle”, “Evangelizzazione per strada”, ed è uno dei progetti della missione in Ecuador che viene sostenuto in questa Quaresima. «Anche in Italia – spiega don Saverio Turato – i quartieri più periferici, con la street art, hanno il desiderio di “ridipingersi” di nuovo, di lanciare dei messaggi».
Nell’oceano di cemento di Duran, città nata senza un progetto dall’abusivismo dei grandi costruttori, c’è bisogno di un po’ di bellezza: «Impossibile tenere giardini e piante: l’acqua scarseggia per troppi mesi. Trovando spazio per la street art in parrocchia vogliamo però lanciare il messaggio di quanto sia importante abbellire lo spazio, darsi degli angoli dove la gente possa immaginare qualcosa che vada oltre le recinzioni, l’asfalto e l’inquinamento».
Con i murales negli ambienti parrocchiali di San Francisco de Asis, piccoli ma grigi, si intende anche lanciare dei messaggi per sensibilizzare su temi cruciali, quali il rispetto della donna e della famiglia, la fede in un Dio incarnato nel povero, l’immigrazione dei venezuelani, l’agricoltura e il mondo dei campesiňos. Fare in modo insomma che “la scrittura delle immagini” mostri il volto di un Dio vicino alle persone.
«La Chiesa è il luogo dove ciascuno si può sentire ancora più uomo e più donna – osserva don Turato – perché sente Dio con tutte le sue dimensioni. Vogliamo dipingere la vita con l’arte e le sue espressioni, partendo proprio dai colori». «Non vuole essere una cosa calata dall’alto – aggiunge don Mattia Bezze, parroco dell’Arbolito – ma desideriamo che i temi e le immagini vengano scelti dalle comunità, in dialogo con il consiglio pastorale».