Ecco i dati dell'inquinamento da Pfas su carne, frutta e verdura
Dopo una lunga battaglia legale, Le Mamme No Pfas e Greenpeace ottengono e pubblicano i dati delle analisi effettuate nel 2017 dalla Regione Veneto sugli alimenti prodotti nella zona rossa, l'area più inquinata tra le province di Verona, Vicenza e Padova. “Dati allarmanti, ma la Regione non ha fatto altri monitoraggi né intrapreso azioni risolutive”
A Lonigo il 44% dei campioni di alimenti analizzati è risultato contaminato da Pfas. Ad Albaredo Adige il 26%, a Poiana Maggiore intorno al 20%. Sono solo alcuni esempi dei risultati dei monitoraggi eseguiti dalla Regione Veneto nella “zona rossa”, l'area più inquinata dalle sostanze perfluoroalchiliche (Pfas), compresa tra le province di Padova, Verona e Vicenza. Dopo una lunga battaglia legale nel nome della trasparenza, oggi “Le Mamme No Pfas” e Greenpeace diffondono i risultati dei monitoraggi sugli alimenti di origine vegetale e animale prodotti in quella zona: dalla carne di maiale al latte vaccino, dalle uova alle carpe, dalle ciliege alle zucchine, dal mais a agli asparagi, dalle ciliege al radicchio, per citarne solo alcuni. Si tratta di dati georeferenziati e mai diffusi in forma integrale dalle autorità competenti. “Dalle elaborazioni emergono molte criticità: numerosi alimenti risultano infatti contaminati non solo per la presenza di Pfoa e Pfos, ma anche per tanti altri composti di più recente applicazione industriale”, denunciano le due associazioni.
Le analisi sono state condotte nel 2017 e mai più ripetute. “Nonostante i valori allarmanti, dal 2017 la Regione Veneto non ha effettuato ulteriori monitoraggi né intrapreso azioni risolutive per azzerare l’inquinamento e ridurre, almeno progressivamente, la contaminazione delle acque non destinate all’uso potabile -sottolineano-. Inoltre, per quanto è noto, risulta che la Regione ha finora ignorato il rischio per l’intera comunità nazionale e non solo, visto che alcuni di questi alimenti potrebbero essere venduti anche all’estero. Si tratta di mancanze intollerabili: chi è responsabile della salute pubblica ha il dovere di fare tutto il possibile per affrontare concretamente un problema sanitario così rilevante”.
Nonostante nel 2020 l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) abbia ridotto di più di quattro volte il limite massimo tollerabile di Pfas che possono essere assunti attraverso la dieta, la Regione non ha effettuato nuove valutazioni. A ciò si aggiungono alcuni limiti sul monitoraggio dell’area geografica monitorata, che non include la zona arancione e altre aree toccate dalla contaminazione, nonché l’insufficienza di analisi su importanti produzioni diffuse nelle zone interessate: spinaci e radicchio (un solo campionamento effettuato), kiwi, meloni, angurie, cereali (è stato analizzato solo un campione di farro), soia e mele.
Greenpeace e le Mamme No Pfas chiedono alla Regione Veneto di avviare al più presto un nuovo monitoraggio sugli alimenti prodotti in area rossa e arancione e, partendo dai dati del 2017, di adottare misure urgenti per ridurre i rischi per la salute delle persone. Infine, considerando che la valutazione degli effetti sanitari dei valori di contaminazione diffusi oggi è molto complessa, Greenpeace e Mamme No Pfas fanno un appello alla comunità scientifica affinché analizzi l’intero set di dati, che può essere richiesto a Greenpeace e a Mamme No Pfas per condurre un’analisi approfondita sui possibili rischi per la salute.