Decreto Lavoro. Caritas: “Necessarie revisioni, il contrasto alla povertà ci deve vedere tutti corresponsabili”
La protezione dalla povertà viene garantita solo ad una particolare fascia di popolazione, ovvero le famiglie con caratteristiche demografiche specifiche (con minori, over 60) o con particolari carichi di cura (presenza di minori, persone con disabilità e non autosufficienti o invalidi). Chi non rientra in questo gruppo potrà essere supportato con un contributo di 350 euro al mese per al massimo un mese a condizione di impegnarsi in percorsi di riqualificazione, terminato il quale pur essendo povero, sarà privo di qualunque tipo di aiuto da parte dello Stato
Rispetto alle politiche contro la povertà, un punto inderogabile per Caritas consiste nel fatto che una misura contro la povertà debba assicurare a chiunque cada in povertà il diritto ad una vita dignitosa, fino a quando persiste la condizione di bisogno. La previsione governativa (Adi e Sda) va nella direzione di sostituire il RdC con due misure, l’Assegno per l’inclusione (Adi) e lo Strumento di l’attivazione (Sda). Senza entrare nel dettaglio, occorre tuttavia fare due rilievi generali: da un lato l’Adi copre solo alcune categorie specifiche di persone in povertà – in particolare famiglie con carichi di cura (famiglie con minori, con over60 e con persone con disabilità) – e dall’altro lo Sda adotta il requisito anagrafico (tra i 18 e i 59 anni) che non sempre è di per sé un criterio di occupabilità, cioè di maggiore probabilità di trovare un lavoro. In questa fascia di popolazione potrebbero trovarsi persone che hanno fragilità e vulnerabilità tali da render necessari interventi di supporto psico-sociale specifici piuttosto che di attivazione al lavoro (si pensi alle persone senza dimora o a persone single molto lontane dal mercato del lavoro).
Il risultato è che la protezione dalla povertà viene in tal modo garantita solo ad una particolare fascia di popolazione, ovvero le famiglie con caratteristiche demografiche specifiche (con minori, over 60) o con particolari carichi di cura (presenza di minori, persone con disabilità e non autosufficienti o invalidi). Chi non rientra in questo gruppo potrà essere supportato con un contributo di 350 euro al mese per al massimo un mese a condizione di impegnarsi in percorsi di riqualificazione, terminato il quale pur essendo povero, sarà privo di qualunque tipo di aiuto da parte dello Stato.
Inoltre rileviamo come il riferimento alla sussidiarietà locale sia a nostro avviso ancora troppo debole e poco vincolante, affidato come è nella previsione del decreto, alla discrezionalità degli operatori dei comuni e dei servizi sociali mentre dovrebbe essere promosso con forza perché l’inclusione delle persone è un processo radicato nei territori, e quindi collettivo, in rete, integrato, altrimenti si rischia di non garantire le migliori risposte alle persone
Ci auguriamo che la proposta del governo possa essere suscettibile di ulteriori revisioni che vadano nelle direzioni indicate e tengano conto del punto di vista e dell’esperienza delle tante realtà che si occupano da anni di povertà a stretto contatto con operatori del settore e persone.
L’auspicio è dunque che sul contrasto alla povertà tutti ci sentiamo corresponsabili e si possano cercare insieme opportunità di miglioramento, proseguendo nel dialogo in spirito costruttivo.
Marco Pagniello (*)
(*) direttore di Caritas Italiana