Cucine popolari e università. Avviato un progetto di ricerca per favorire reti, relazioni, collaborazioni

Avviato un progetto di ricerca, voluto dalla Fondazione Nervo Pasini e portato avanti dall’Università di Padova, per individuare linee guida per le Cucine popolari in relazione al contesto in cui si trovano. Tra gli obiettivi: migliorare la percezione esterna delle Cucine e favorire reti, relazioni, collaborazioni con altri enti e servizi del quartiere. Per superare i pregiudizi. "Abbiamo molto da imparare sul tema della sicurezza interna ed esterna, ma abbiamo anche molto da dare in termine di patrimonio umano. Questo è un progetto sfidante che ci permette di capire meglio come garantire il benessere interno ed esterno delle Cucine"

Cucine popolari e università. Avviato un progetto di ricerca per favorire reti, relazioni, collaborazioni

Vulnerabilità, sicurezza, relazione, buone pratiche, persona. Sono alcune delle parole chiave del progetto triennale di studio e ricerca voluto dalla Fondazione Nervo Pasini per le Cucine economiche popolari siglato con l’Università di Padova e più specificatamente con il Master in sicurezza urbana e contrasto alla violenza del Dipartimento di filosofia, sociologia, pedagogia e psicologia applicata, sezione di Psicologia applicata, diretto da Adriano Zamperini e coordinato da Marialuisa Menegatto.

«L’idea è nata da un convegno di Avvocato di strada cui ho partecipato – spiega suor Albina Zandonà, direttrice delle Cucine economiche popolari – In quell’occasione mi hanno colpito le parole di Adriano Zamperini: diceva che per aumentare la sicurezza non bisogna far leva sulla forza, ma sulla relazione. La giusta prospettiva, quindi, non è aumentare il controllo, perché così erigo un muro contro muro, ma puntare a “come ti accolgo” perchè l’ospite non è qualcuno da gestire, ma una persona con cui mettersi in relazione». Al centro quindi sempre la persona, che va considerata con rispetto e riconosciuta nella sua dignità.

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«È importante definire il tema nel quale si colloca il progetto – specifica Marialuisa Menegatto, coordinatrice del Master in sicurezza urbana e contrasto alla violenza – che è quello della sofferenza urbana prodotta da marginalità e povertà. Le Cucine economiche popolari sono un servizio a bassa soglia della rete urbana del comune di Padova. Un servizio ai tanti concittadini vulnerabili che si trovano a fronteggiare periodi difficili della propria vita. Oggi ancora di più, dopo che la pandemia ha creato situazioni di precarietà inaspettate: dalla persona che ha perso il lavoro stabile all’anziano che vive in solitudine con un introito economico non soddisfacente. È un servizio rivolto a tutti, un pilastro molto importante che contribuisce a creare rete di sicurezza sociale con altre realtà. Una struttura necessaria per includere una parte sofferente di cittadinanza, che per diverse ragioni presenta gradi diversi di vulnerabilità. Non è luogo marginale per segmenti specifici della popolazione e l’emergenza sanitaria in corso ce lo sta proprio sottolineando». Fondamentale per il servizio è, infatti, la capacità di rimodularsi e riorganizzarsi per stare al passo dei cambiamenti psicologici, antropologici, economici, storici. «Le Cucine – ribadisce la docente – devono avere un ruolo di inclusione e di attrazione e non ci si deve vergognare della povertà, il disagio non deve essere condizione di biasimo sociale, ma condizione che purtroppo può colpire tutti per motivi diversi e in diverse fase della vita».

È in questo quadro generale che il progetto affronta il tema della sicurezza, in tutte le sue sfaccettature. Sicurezza degli operatori, dei volontari, dei beneficiari, delle strutture e del territorio. Sicurezza e protezione sociale perché la vulnerabilità è insicurezza e disagio che può compromettere il benessere di individui, famiglie e comunità. In particolari contesti, in determinate situazioni, diventa importante riuscire a intercettare possibili traiettorie di vittimizzazione che possono poi sfociare in comportamenti a rischio o estremi per se stessi e per gli altri.

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Al progetto partecipano attivamente anche tre tirocinanti – Giulia Tosoni, Mara Mezzani e Ilaria Macchitelli – che dopo una prima fase di attività di formazione con gli operatori, ora stanno procedendo con l’analisi del contesto urbano, della percezione del territorio, dello “stigma sociale” e un’attività di ricerca sui bisogni specifici dei beneficiari. Una fotografia quindi ampia e completa degli ospiti e un’analisi della comunicazione del contesto in cui le Cucine popolari sono inserite al fine di “pulire” alcune informazioni stereotipate e superare preconcetti. Il tutto, sempre, nell’ottica dell’inclusione.

Da questa prima fase di lavoro già si capisce che gli intenti del progetto sono diversi: migliorare la percezione esterna della struttura, anche rispetto a pregiudizi che facilmente nascono attorno a contesti che hanno a che fare con forme e situazioni di povertà; dare alle situazioni di disagio e vulnerabilità una giusta collocazione nel contesto storico oltre che urbano; favorire reti, relazioni, collaborazioni con altri enti e servizi del quartiere. «È un cammino che in realtà le Cucine popolari hanno intrapreso già da tempo – afferma don Luca Facco, presidente della Fondazione Nervo Pasini – Abbiamo molto da imparare sul tema della sicurezza interna ed esterna, ma abbiamo anche molto da dare in termine di patrimonio umano. È un progetto sfidante che ci permette di capire meglio come garantire il benessere interno ed esterno delle Cucine e come creare buone relazioni nel vicinato».

«Gli studi sulla sicurezza urbana – conclude Marialuisa Menegatto – partono dal presupposto che la persona è inserita in un ambiente ed è in relazione in una forma di convivenza urbana che non sempre è idilliaca, ma può avere aspetti critici. La persona va considerata sempre in un contesto, mai isolata. Come ricercatrice la parte migliore di questo lavoro è la ricaduta della ricerca stessa che ha un ritorno in termini di utilità sociale. Laddove si può migliorare, anche di poco, situazioni difficili, credo che siamo chiamati a farlo con professionalità e specializzazione».

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