Coronavirus, si ferma anche il volontariato in ospedale. In tutta Italia
La fondazione Abio ha dato indicazione alle sue 61 associazioni, su tutto il territorio nazionale, di sospendere immediatamente tutte le attività, fino a nuova comunicazione. Alcuni ospedali, come il Meyer, hanno sospeso l'ingresso di tutti i volontari
ROMA - Il coronavirus e il rischio di contagio fermano anche il volontariato ospedaliero: Abio, la federazione che raggruppa 61 associazioni che su tutto il territorio nazionale sono presenti in 200 tra ospedali e reparti pediatrici, fa sapere che “a titolo cautelativo ha dato indicazione di sospendere con decorrenza immediata e fino a diversa comunicazione da parte delle strutture ospedaliere tutte le attività di volontariato”. Questo, naturalmente, per “garantire la massima sicurezza di bambini, famiglie e di tutti i nostri volontari”. Si tratta solo di un'indicazione, fermo restando l'autonomia di scelta da parte delle singole associazioni, che però la stanno tutte recependo, “anche in considerazione del fatto che, contestualmente, diverse aziende ospedaliere, in particolare nelle regioni colpite da casi di contagio, hanno esse stesse dato indicazioni alle associazioni di volontariato di sospendere il servizio”.
Il Meyer di Firenze, per esempio, ha dato indicazioni chiare in proposito: nessun volontario deve entrare in ospedale. D'altra parte, ci spiegano dalla Abio, “gli ospedali in queste ore stanno adottando misure volte a limitare al massimo gli ingressi di tutti coloro che no siano direttamente coinvolti nelle cure”.
E' evidente che l'impatto, sulla quotidianità dei pazienti, si farà sentire, dal momento che le attività di svago e socializzazione e strutture come ludoteche o biblioteche ospedaliere sono quasi interamente in mano alle associazioni di volontariato. D'altra parte, “siamo consapevoli della delicatezza di questo momento e dell'importanza di agire in modo organizzato e lineare – continua Abio - a tutela di tutte le persone direttamente coinvolte. In parallelo alla comunicazione della sospensione del servizio, le nostre associazioni hanno chiesto alle Direzioni Sanitarie degli ospedali presso cui prestano servizio di poter ricevere in una fase successiva comunicazione scritta rispetto a modi e tempi relativi alla futura ripresa delle attività”.
Chiara Ludovisi