Coronavirus, nella Fase 2 non solo distanziamento. Ci servirà la socialità
L’intervento della presidente di ’Arci Francesca Chiavacci. Da due mesi i 4000 circoli dell’associazione sono chiusi. I mancati ricavi ammontano a circa 800mila euro al giorno. “Molti non potranno riaprire, specialmente quelli che fanno spettacoli. Ma far venir meno la cultura è un problema per tutto il paese. La crisi non è solo sanitaria”
Da circa due mesi gli oltre 4000 circoli Arci di tutta Italia sono chiusi. I mancati ricavi ammontano a circa 800mila euro al giorno. Ma la perdita non è solo economica: molti circoli come luoghi di aggregazione garantivano nelle città uno spazio di incontro e socialità per bambini e anziani, servizi per le fasce di popolazione più bisognose, serate culturali per i giovani. Un patrimonio che con l’emergenza legata al Covid 19 rischia di andare disperso. “Nella fase 2 la socialità e la cultura diffusa saranno più che mai necessarie, dobbiamo contrastare gli effetti della paura e dell’isolamento. Per questo chiediamo di essere chiamati in causa in una visione di futuro, non vogliamo che i nostri valori scompaiano”. A lanciare l’appello è la presidente nazionale dell’Arci, Francesca Chiavacci, facendosi portavoce dei tanti presidi dell’associazione, oggi in difficoltà.
“Tutti i nostri circoli sono chiusi, quello che viviamo oggi è il contrario di quello che normalmente facciamo: la nostra missione è coltivare relazioni sociali, oggi bisogna stare in isolamento - spiega Chiavacci -. Abbiamo chiuso ma senza stare fermi: molte attività sono andate avanti rimodulandosi. Abbiamo lanciato sul web una campagna di resistenza virtuale e, subito dopo, dato vita a un’azione concreta di solidarietà virale, seguendo la vocazione mutualistica che ci è propria. Ci siamo dunque attivati nei confronti dei più vulnerabili, di chi in questo periodo ha visto aumentare disuguaglianza e discriminazione. In particolare, abbiamo pensato alla spesa e alle mense popolari. Ma lo abbiamo fatto, come altre realtà del terzo settore, da soli. Oggi che siamo alla vigilia della fase 2 chiediamo di essere ascoltati, non c’è ripartenza senza il ruolo fondamentale dell’associazionismo. Dobbiamo pensare a un futuro diverso per il paese, in cui i nostri valori serviranno per ricominciare. La nostra attività sociale e culturale deve essere presa in considerazione al pari di altre”.
Nelle regioni più colpite dal virus, come Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna, dove i circoli Arci sono numerosi e radicati, in molti rischiano di non riuscire a riaprire, specialmente quelli che fanno spettacoli dal vivo, colpiti come tutti i lavoratori dello spettacolo. Ma anche i piccoli circoli tradizionali basati sul volontariato. “Su questo c’è una visione politica miope. Il coordinamento del Forum terzo settore ha incontrato i rappresentanti del governo e portato a casa un primo importante risultato: l'estensione degli ammortizzatori sociali al terzo settore, questo aiuterà a tamponare un po’ sul versante del lavoro - aggiunge la presidente di Arci -. In questo periodo di emergenza tutto l’associazionismo ha lavorato per tamponare le situazioni a rischio, ma manca una visione organica in cui il terzo settore sia un pezzo di coloro che costruiscono le politiche. Vogliamo riorganizzare il modello dall'interno, convinti che l’animazione sociale e culturale, la solidarietà, i diritti siano fondamentali ora più che mai”.
Per questo l’Arci ha deciso di avanzare delle richieste chiare a Governo e Parlamento. “Bisogna mettere subito in campo un piano di manutenzione e valorizzazione, provvedimenti e risorse che vadano in sostegno dell'associazionismo di promozione sociale e culturale e di tutto il terzo settore, come si sta facendo per altri soggetti di tipo economico” aggiunge Chiavacci. La richiesta è quella dell' estensione delle misure di supporto alla liquidità e accesso al credito a tutti gli enti del terzo settore (compresi quelli non commerciali). E la proroga della cassa integrazione in deroga fino al termine effettivo dell’emergenza e alla ripresa normale di tutte le attività, comprese le attività di spettacolo, culturali e ricreative. L’Arci chiede, inoltre, che siano messe in campo misure per il pagamento degli affitti per i mesi in cui i circoli sono stati chiusi, anche attraverso l’estensione del credito d'imposta per le locazioni relative alle sedi associative. Oltre all’estensione anche al terzo settore del credito d'imposta per le spese di sanificazione degli spazi e alla sospensione del versamento dei canoni pubblici per le sedi.
“La crisi non è solo sanitaria, ma sociale ed economica, e noi vogliamo rinunciare a fare la nostra parte per uscirne, convinti come siamo che l'associazionismo e l'economia sociale siano una componente importante per la tenuta sociale, politica ed economica del nostro paese - conclude Chiavacci -. In questo momento si naviga a vista, ma noi ci siamo. Molti nostri circoli hanno spazi all’aperto, possiamo metterli a disposizione perché i bambini e gli anziani possano iniziare a ritrovare momenti di socialità gioco in sicurezza. Altrimenti l’isolamente culturale e sociale rischia di persistere oltre il coronavirus”.