Coronavirus, il caso dei migranti trasferiti dai Cas alle navi quarantena: “Illegittimo”
Risultati positivi al Covid 19 alcuni richiedenti asilo sono stati portati da varie città italiane fino in Sicilia e Puglia per essere messi in isolamento sulle navi. Asgi: “Discriminatorio e senza base legale”. Miraglia (Arci): “Soluzione emergenziale in assenza di programmazione. Chiederemo al Viminale di pensare a soluzioni diverse, meno dispendiose e che rispettino i diritti”
La stessa mascherina e le stesse lenzuola da giorni, e uno shampoo scaduto dal 2017. Abou (nome di fantasia) mostra, in un video inviato al suo avvocato, i beni a disposizione e la cabina della nave quarantena, ancorata di fronte al porto di Bari, dove è stato trasferito da più di una settimana. E’ uno dei migranti che vivevano nei centri di accoglienza straordinaria a Roma e in altre città e che, dopo essere risultati positivi al Coronavirus dopo il primo tampone, sono stati fatti salire su un pullman e portati al Sud Italia, per trascorrere il periodo di isolamento fiduciario sulle navi quarantena che sostano di fronte ai porti di Trapani, Palermo e Bari.
“E’ un richiedente asilo del ‘95, è in Italia da tempo e ha fatto il colloquio con la commissione territoriale a febbraio 2020. Ora era in attesa di un nuovo incontro perché aveva fatto ricorso dopo aver ottenuto un diniego - spiega l’avvocata Flora Serena Castelli di Asgi, che sta seguendo tre dei ragazzi trasferiti sulle navi -. Da quello che sappiamo il Cas dove si trovava il mio assistito, aveva registrato diversi casi di positività e l’intera struttura era stata posta in quarantena. Questo trasferimento probabilmente è dovuto al fatto che non ci sono spazi interni per l’isolamento fiduciario delle persone. Ma non capiamo perché li stiano trattando in questo modo, come pacchi. Da quello che mi dicono, dopo il trasferimento non hanno più visto un medico, hanno la stessa mascherina e le stesse lenzuola da giorni, paradossalmente sono più in pericolo lì, su una nave con tutti positivi, che altrove. Alcuni di loro hanno avuto solo il primo tampone rapido, che non sempre è attendibile, e non hanno potuto fare il secondo tampone di conferma perché erano stati trasferiti subito. Le violazioni che riscontriamo sono molteplici sia dal punto di vista sanitario che legale. Sono cittadini liberi, non detenuti: se la prefettura non aveva spazi idonei alla quarantena poteva chiedere di rinunciare all’accoglienza e chi voleva andava a trascorrere la quarantena in un altro luogo, anche a casa di un amico. A un detenuto avrebbero dato almeno un foglio di notifica, i miei assistiti non hanno niente in mano, quando li hanno portati via non hanno ben capito neanche cosa stava accadendo”.
Un trattamento “discriminatorio”
Tra i ragazzi assistiti da Castelli ci sono anche vittime di tortura: un richiedente asilo, in particolare, ha subito abusi in Libia, dove è stato tre anni prima di arrivare in Italia. “E’ un ragazzo afgano, è molto vulnerabile ed è in attesa di un'operazione chirurgica, stavo seguendo il suo ricorso perché è un caso cosiddetto Dublino - spiega - Ora è stato trasferito, avevamo anche appuntamento al Samifo, (una struttura sanitaria che si occupa di vittime di tortura, ndr). Lo stesso è successo a un altro mio assistito del Mali, avevamo anche con lui un appuntamento nella stessa struttura per accertare le violenze subite, ma era già stato portato via. In questo modo non possiamo produrre la certificazione necessaria, stanno anche perdendo il diritto a partecipare al procedimento per il ricorso. Non hanno commesso violazioni o reati, perché vengono trattati così?”. A questo proposito Asgi parla espressamente “di trasferimento coattivo illegale e discriminatorio anche perché posto in essere in assenza di base legale. L’isolamento sanitario è una misura che non dovrebbe comportare limitazioni alla libertà personale, ma limitarsi a tutelare il diritto alla salute del singolo e della collettività - spiega l'associazione in una nota -.Tale prassi risulta violare la libertà personale garantita a tutti dall’art. 13 della Costituzione, perché comporta che gli stranieri che sono trasferiti coattivamente si trovano in una condizione di fatto di illegittima privazione della libertà personale, attuata fuori dai casi previsti da norma legislativa e in mancanza di un provvedimento individuale che giustifichi tale privazione, delle necessarie garanzie giurisdizionali e dei doveri di informazione previsti, che esula dalle misure di prevenzione del contagio previste per tutti (cittadini e stranieri) che avrebbero potuto essere espletate sul territorio in condizioni di tutela dei diritti di tutti (cittadini e stranieri)”.
Un altro ragazzo del Mali ha passato 14 giorni sulla nave quarantena Adriatica che si trovava al largo di Augusta. Una volta dimesso, ha ricevuto un foglio in cui veniva invitato a presentarsi all’ufficio Immigrazione di Roma oggi, 12 ottobre. Per raggiungere la capitale è stato poi fatto salire su un bus, diretto a Pomigliano D’Arco, qui ha dormito una notte in un centro per migranti. L’indomani gli operatori della struttura gli hanno pagato un biglietto per Roma, ma una volta arrivato davanti al centro di accoglienza in cui era stato negli ultimi mesi gli è stato detto che non poteva rientrare. Secondo le segnalazioni, ricevute anche da Arci, infatti, i ragazzi trasferiti sulle navi quarantena sono stati anche ufficialmente dimessi dai centri, sono quindi fuori accoglienza. “E’ tutto abbastanza assurdo - sottolinea Filippo Miraglia -. Questo ragazzo è stato scaricato ad Augusta, dopo 14 giorni di quarantena, poi portato con un autobus in Campania e una volta a Roma si è ritrovato per strada. E’ una gestione che non capiamo, sappiamo che ci sono stati diversi problemi nei centri, nonostante la pubblicazione delle Linee guida realizzate dal ministero della Salute insieme all’Inmp. Le prassi sul territorio nazionale restano difformi e spesso improvvisate, ma qui siamo di fronte ad atti illegittimi. La positività dei migranti va gestita allo stesso modo di quella degli italiani. Non si capisce questo trattamento difforme, che tra l’altro prevede costi altissimi per la collettività dato la spesa giornaliera che va affrontata per ognuna di queste navi quarantena. E’ tutto incomprensibile”.
L’ipotesi “strutture ponte” a terra caduta nel vuoto
La associazioni del Tavolo Asilo e del Tavolo Immigrazione e Salute, da mesi hanno chiesto ai ministeri coinvolti e alla Protezione civile di pensare percorsi per i richiedenti asilo presenti nei centri di accoglienza. In particolare, hanno ipotizzato l'istituzione di strutture cosiddette “ponte” in cui isolare le persone che venivano contagiate. “I posti andavano trovati per tempo, sono mesi che lo diciamo - aggiunge Miraglia -. Questa delle navi è una soluzione che nasce da una mancata programmazione, l’idea delle strutture ponte è caduta nel vuoto. Noi, come Arci, abbiamo posti liberi in cui siamo pronti a trasferire gli eventuali positivi, lo stesso potrebbero fare le prefetture”. Giovedì è previsto un tavolo tecnico tra i rappresentanti del terzo settore e il Viminale. “Porteremo sul tavolo questa questione, le soluzioni vanno programmate - spiega - Le navi quarantena sono una soluzione sbagliata, illegittima e problematica. Si crea l’idea che i migranti siano particolarmente pericolosi e per questo vanno isolati, al largo. Questa situazione, invece, va gestita in strutture con piccoli numeri e operatori competenti”.