Coronavirus e servizio civile, da oggi di nuovo in servizio 23 mila giovani
Sono quasi 13 mila i giovani che riprendono le attività sospese cosi come erano previste nei progetti originari, mentre sono 10 mila quelli impegnati in progetti rimodulati. I volontari che svolgeranno attività da remoto sono più di 9 mila. Intanto la Cnesc chiede di procedere alla costituzione della Consulta Nazionale del Servizio Civile
“Il piano per la riattivazione dei progetti di servizio civile universale provvisoriamente sospesi a causa dell’emergenza Covid-19, annunciato lo scorso 30 marzo e reso operativo il 4 aprile scorso, ha dato i risultati auspicati: sono 23 mila gli operatori volontari da oggi di nuovo in servizio attivo e qualcun altro si aggiungerà nei giorni a venire”. È quanto ha dichiarato il Ministro con delega al Servizio Civile Universale, on. Vincenzo Spadafora, in una nota stampa.
“Impegnati attivamente a difendere la Patria, come vuole la loro scelta di volontari di servizio civile universale – prosegue Spadafora -, esercitano in prima persona quella cittadinanza attiva ancora più importante in situazioni di emergenza come quella che stiamo vivendo. Nelle scorse settimane, grazie all’impegno degli enti di servizio civile e alla volontà dei giovani operatori, l’attività non si era comunque mai del tutto fermata in molte aree del territorio, laddove c’erano le condizioni e i progetti erano già incentrati su interventi direttamente connessi alla gestione dell’emergenza, hanno continuato ad operare, anche nei giorni più complicati, oltre 3.200 volontari”.
Secondo quanto riferisce lo stesso Ministro sono quasi 13.000 i giovani che riprendono le attività sospese cosi come erano essenzialmente previste nei progetti originari, mentre sono circa 10.000 quelli impegnati in progetti rimodulati, “per i quali loro stessi in molti casi hanno partecipato alla ridefinizione di obiettivi e attività”. “Si tratta – precisa - di interventi particolarmente significativi nell’attuale contesto emergenziale: dal supporto ai comuni e ai centri operativi comunali di protezione civile al sostegno al sistema scolastico, dalla realizzazione di progetti educativi o culturali, ripensati alla luce delle nuove necessità dettate dall’emergenza, al cosiddetto ‘welfare leggero’, cioè interventi di assistenza alle persone anziane e ai soggetti più fragili in tutte quelle attività quotidiane per le quali non possono far fronte da sole in questo momento. Vedremo così i volontari del servizio civile alle prese con la consegna della spesa, dei farmaci, di pasti preparati, di libri o di altri beni di necessità ma anche impegnati a offrire assistenza da remoto, ad esempio attraverso telefonate periodiche dedicate all’ascolto e al conforto delle persone più sole oppure gestendo servizi informativi per la cittadinanza”.
Nello specifico i volontari che svolgeranno attività da remoto sono più di 9.000 (il 41% del totale), a fronte di quasi 14.000 che potranno operare sul campo o in modalità mista (rispettivamente il 31% e il 28%), “all’insegna della massima sicurezza – si specifica -, grazie all’utilizzo di adeguati dispositivi di protezione e adottando tutte le norme di precauzione necessarie”.
Del totale dei giovani del servizio civile oltre 4.000 saranno impegnati presso sedi diverse rispetto a quelle previste nei progetti - perché magari non più disponibili o meno funzionali alle attività da realizzare - e di questi 1.200 circa opereranno presso sedi di organizzazioni, enti, associazioni non iscritti all’albo del servizio civil,e ma che si sono “gemellate” con esse. “In questo senso è stato preziosa la sinergia tra gli enti e il raccordo informativo ed operativo con Comuni, Regioni e Province Autonome”, aggiunge il Ministro.
Tra i 23.000 volontari ci sono anche giovani che avevano scelto di svolgere il servizio civile all’estero e nei Corpi civili di pace e che, costretti a rientrare in Italia a causa dell’emergenza, hanno scelto di proseguire l’attività nel nostro Paese nei progetti rivisitati dagli enti. “Sono poco più di un centinaio ma vanno menzionati – dice Spadafora - perché il loro spirito di solidarietà e il sentirsi attori principali nella difesa della Patria li ha motivati a continuare il proprio servizio seppure in modo molto diverso rispetto alle originarie aspirazioni. A loro si aggiungono un altro centinaio di giovani che invece hanno potuto trattenersi all’estero e oggi proseguono le proprie attività di servizio civile in altri Paesi, seppure con molta cautela e per la maggior parte dei casi da remoto”.
Sono, infine, circa 6.000 gli operatori volontari ancora inattivi, anche se percepiranno comunque un compenso, perché i loro progetti rimarranno sospesi, ma che potrebbero riprendere più avanti. “Uno sforzo straordinario del sistema del servizio civile universale che ha visto operare in grande sinergia e sintonia tutte le sue componenti - Dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale, Regioni e Province Autonome, ANCI, rappresentanza degli enti e degli operatori volontari – e che consente a migliaia di giovani di servire il proprio Paese in una situazione eccezionale, che vede ancora di più il Paese aver bisogno di loro", conclude Spadafora.
Su questo tema della ripresa del servizio, ma anche della proroga della scadenza per la presentazione dei nuovi progetti di servizio civile universale, nei giorni scorsi è intercorso un carteggio proprio tra Ministro Spadafora e la CNESC (Conferenza Nazionale Enti di Servizio Civile). Nella risposta il Presidente della CNESC, Licio Palazzini, ha ricordato come “il primo passo per ripagare di tutti gli sforzi individuali, organizzativi, economici che come organizzazioni stiamo facendo, è la messa in sicurezza economica della Programmazione Triennale e Annuale. Messa in sicurezza che significa i 270 milioni, da lei richiamati in una lettera al quotidiano Avvenire, a cominciare dal 2021, per rendere possibile un contingente di almeno 50.000 operatori volontari all’anno. Lei sa che il SCU è un esempio di sussidiarietà e di cofinanziamento. I 270 milioni statali sarebbero sostenuti da altrettanti, investiti dagli enti, in persone, strumentazioni, fondi”. La CNESC chiede poi anche “di procedere alla costituzione della Consulta Nazionale del Servizio Civile prevista dall’art. 10 del Decreto Legislativo n. 43 del 2018. Il Dipartimento, in questo anno, ha meritoriamente attivato procedure di coinvolgimento e consultazione, che devono adesso trovare una sede formale ove essere sottoposte le proposte finali per i pareri previsti”.