Coronavirus, Legacoopsociali Emilia-Romagna: “Perdiamo 5 milioni di euro a settimana”

A parlare è il presidente Alberto Alberani: "Abbiamo seimila educatori costretti a casa per l’emergenza sanitaria. Attiveremo il Fis, il Fondo d’integrazione sanitaria, ma siamo preoccupati: il reddito sarà ridotto, e non sappiamo quando arriverà”

Coronavirus, Legacoopsociali Emilia-Romagna: “Perdiamo 5 milioni di euro a settimana”

BOLOGNA – “Monitoriamo tutto in tempo reale: al momento abbiamo 6 mila lavoratori a casa. Metà sono educatori dei nidi, metà impiegati nei servizi scolastici, pre, post e sostegno. Considerato che il loro stipendio ammonta a 2400 euro al mese – e dunque 800 a settimana – stiamo parlando di una perdita di quasi 5 milioni di euro – 4 milioni e 800 mila euro, per l’esattezza – ogni settimana di attività scolastiche sospese”. A parlare è Alberto Alberani, presidente di Legacoopsociali Emilia-Romagna. “Sono numeri molto importanti, di fronte ai quali, però, registro anche un dato positivo: l’unità di intenti di istituzioni, sindacati e forze imprenditoriali. Martedì abbiamo avuto un incontro in Regione per capire come utilizzare gli strumenti a disposizione, fortunatamente il Patto per il lavoro tiene. Siamo tutti impegnati per costruire una direttiva regionale in relazione ai decreti governativi”.

Nei giorni scorsi, Legacoopsociali E-R aveva chiesto al Presidente Bonaccini di inserire nel documento presentato ieri al premier Conte anche la possibilità, per le cooperative sociali coinvolte, di fatturare regolarmente ai Comuni, come se si fosse lavorato tutti i giorni previsti. “Lo Stato paga i docenti costretti a stare a casa, non vedo perché i nostri educatori dovrebbero avere un trattamento diverso. I Comuni hanno già stanziato i fondi per le loro prestazioni, perché non erogarli? Riteniamo che le amministrazioni non debbano fare marginalità su un’emergenza sanitaria”. La posizione dei Comuni sembra inamovibile: non è possibile fatturare tutto il mese perché la Corte dei Conti evidenzierebbe un danno erariale. Di fatto, non è possibile retribuire “prestazioni non prestate”, servizi non erogati. “In emergenza ritengo possibile chiedere una deroga, anche cambiare le leggi”.

La proposta dei giorni scorsi, però, non è stata inserita nel documento che Bonaccini ha presentato ieri sera a Conte in occasione dell’incontro tra Regioni e parti sociali: “Siamo delusi – afferma Alberani – adesso allo Stato toccherà trovare altri fondi, mentre ai Comuni resteranno quelli già stanziati ma non erogati. Ora attiveremo il Fis, il Fondo d’integrazione salariale. Vorremmo fare come il Friuli-Venezia Giulia, al lavoro su un accordo regionale con i sindacati. Ma non siamo comunque tranquilli: quanto c’è in quel fondo? Nella nostra regione le lezioni sono state sospese il 24 febbraio, andare al 15 marzo si tratta di molti giorni lavorativi. Idem in Lombardia e Veneto, e da oggi si aggiungono gli educatori delle cooperative di tutta Italia. Tutti chiederanno l’attivazione del Fis: siamo sicuri che il Fondo possa rispondere a ognuno di loro? Non da ultimo, siamo preoccupati per l’erogazione”. Saranno le aziende a fare domande per attivare il Fis a nome dei lavoratori, poi questo ‘salario’ arriverà tramite Inps. Ma anche l’Inps sta pagando le conseguenze di questa emergenza sanitaria, tra uffici chiuse e attività sospese: “Non solo gli educatori avranno meno reddito – il Fis prevede lo stipendio all’80 per cento –, ma non sanno nemmeno quando arriverà. Detto ciò, ancora non mi do per vinto: chissà che non venga inserita la possibilità di fatturare il mese intero ai Comuni”. 

Ambra Notari

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)