Consultori familiari, in Italia ce ne sono 1 ogni 32.325 abitanti. Personale sottodimensionato
I dati dell’Indagine nazionale sui consultori familiari dell’Iss, che ha fotografato la rete degli oltre 1800 consultori distribuiti sull’intero territorio nazionale. Mediamente si ha una équipe completa (ginecologo, ostetrica, psicologo e assistente sociale) ogni 2 consultori. Le realtà territoriali che riportano una maggiore disponibilità di équipe complete sono Valle d’Aosta, PA di Trento, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Molise
È online il rapporto sui risultati dell’Indagine nazionale sui consultori familiari 2018-2019. Il documento descrive nel dettaglio i risultati del progetto nazionale sui consultori familiari, finanziato dalle azioni centrali del ministero della Salute e coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità nel 2018-2020, che ha fotografato la rete degli oltre 1800 consultori distribuiti sull’intero territorio nazionale, rilevato i loro modelli organizzativi e analizzato le attività con l’obiettivo di identificare le buone pratiche per promuovere una rivalutazione del loro ruolo.
“L’attualità di questi servizi emerge pienamente dalla lettura del rapporto, che fornisce elementi conoscitivi utili alla comprensione delle funzioni, della complessità organizzativa e della variabilità dell’offerta dei consultori familiari nelle diverse Regioni”, afferma l’Iss.
Il rapporto è costituito da due volumi: nel primo sono descritti i risultati generali dell’indagine seguiti da focus di approfondimento su alcune tematiche di interesse prioritario per consentirne una lettura integrata sulla base delle conoscenze disponibili nel panorama nazionale; il secondo è dedicato a un approfondimento dei risultati a livello regionale che ne consente una lettura contestualizzata ai diversi sistemi sanitari regionali in un’ottica di benchmarking. Questi gli argomenti affrontati dal documento: Salute della donna life-course (prevenzione oncologica, fertilità, endometriosi, menopausa), Interruzione Volontaria di Gravidanza e contraccezione, Consultori familiari e le giovani generazioni, Percorso nascita, Consultori familiari e accompagnamento alla genitorialità, Salute mentale perinatale e consultori familiari, Contrasto alla violenza di genere nei consultori familiari.
“In questi anni di emergenza pandemica da Covid-19 - scrive il presidente Iss, Silvio Brusaferro nella presentazione - si è rafforzata nel Paese la consapevolezza dell’importanza di disporre di una rete integrata di servizi territoriali di base in grado di assicurare capillarmente la presa in carico delle persone e delle comunità, garantendo l’accessibilità e la continuità delle cure anche alle fasce di popolazione socialmente più svantaggiate e più difficili da raggiungere. L’auspicio è che i risultati di questo progetto possano concretizzarsi in uno strumento di confronto utile ai professionisti che operano sul territorio e ai decisori che, a vari livelli, sono chiamati a riflettere e a dare risposte sul futuro di questi servizi strategici in un’ottica di valorizzazione della tutela e promozione della salute, inserendoli a pieno titolo nella riorganizzazione territoriale prevista dal Pnrr”.
Presenza dei consultori sul territorio nazionale
La Legge 34/1996 prevede la disponibilità di un consultorio familiare (CF) ogni 20 mila residenti, stimando che un servizio che prevede la prossimità territoriale e il libero accesso non possa soddisfare appieno i bisogni di salute di popolazioni bersaglio più ampie. Nel POMI (Progetto obiettivo materno infantile) si è ritenuto opportuno distinguere fra zone rurali, per le quali sarebbe auspicabile un CF ogni 10.000 residenti, e zone urbane con un CF ogni 25.000. Per semplicità si è adottato nell’indagine un unico riferimento, acquisendo la disponibilità di un CF ogni 20.000 abitanti come gold standard. Dall’indagine risulta che in media sul territorio nazionale è presente un CF ogni 32.325 residenti. Solo in 5 Regioni e una PA il numero medio di residenti per CF è compreso entro i 25.000, mentre in altre 5 Regioni e una PA il numero medio è superiore a 40.000 residenti per CF, con un bacino di utenza per sede consultoriale più che doppio rispetto a quanto previsto dal legislatore. Nel 1993 era disponibile circa un CF ogni 20.000 residenti, un CF ogni 28.000 residenti nel 2008. “Si evidenzia quindi una progressiva riduzione del numero delle sedi di CF sul territorio nazionale”, si afferma.
Relativamente al personale, l’indagine restituisce un quadro estremamente variegato delle figure professionali che contribuiscono all’attività dei servizi consultoriali nei diversi territori. I risultati presentati sono principalmente centrati sulle quattro figure – ginecologo, ostetrica, psicologo e assistente sociale – che complessivamente sono emerse come le più rappresentate e che costituiscono le figure di base dell’équipe consultoriale, alle quali si possono aggiungere l’infermiere e l’assistente sanitario, oltre a operatori con un rapporto di consulenza o di lavoro part-time fra i quali più spesso troviamo il pediatra e il mediatore culturale.
Le équipe complete operanti nei consultori, secondo quanto riportato dai coordinatori sono 921, quindi con un rapporto tra numero di équipe e numero di sedi pari a 0,5 circa. Mediamente si ha una équipe completa ogni 2 consultori. Le realtà territoriali che riportano una maggiore disponibilità di équipe complete sono Valle d’Aosta, PA di Trento, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Molise.
Una gestione più complessa e articolata che prevede lo spostamento delle équipe complete o anche solo di alcuni professionisti dell’équipe in più sedi, è riportata dal 100% delle Aziende sanitarie/Distretti rispondenti di Valle d’Aosta, PA di Trento, Emilia-Romagna, Toscana, Molise e Calabria. “In alcuni casi la gestione e la pianificazione del lavoro di équipe in più sedi è dovuto al modello operativo adottato che si basa su una visione unitaria e centralizzata del proprio territorio di competenza e delle risorse umane disponibili, in una ottica di efficienza del servizio garantita uniformemente su tutto il territorio (es. Emilia-Romagna, PA di Trento) – afferma l’indagine -; in altri casi, è la carenza di personale che costringe alcuni operatori a spostarsi fra diverse sedi per poter garantire una riposta assistenziale”.
L’indagine confronta il numero medio di ore di lavoro settimanali delle 4 figure professionali dell’équipe rapportato a 20.000 residenti rilevato dall’indagine, sia con la media delle ore stimate per rispondere al mandato istituzionale dei CF sia con la media delle ore necessarie per le sole attività strategiche prese in esame dal POMI. Rispetto allo standard di riferimento, il valore medio delle ore di lavoro settimanali rilevato dall’indagine è inferiore di 6 ore per la figura del ginecologo, di 11 ore per l’ostetrica, di un’ora per lo psicologo e di 25 ore per l’assistente sociale.
A livello regionale e di PA si registra una grande variabilità nella disponibilità delle diverse figure professionali. La disponibilità della figura del ginecologo varia da 5,4 (PA Bolzano) a 22,4 ore (Emilia-Romagna) mentre quella dell’ostetrica varia da 12,4 (Liguria) a 80 ore (PA Trento). “Si evidenzia un generale sottodimensionamento del personale per quanto in 5 Regioni la disponibilità dell’ostetrica superi lo standard previsto e una (Emilia-Romagna) raggiunga lo standard per entrambe le figure. Lo standard di riferimento di 36 ore settimanali del 1995 per la figura dell’ostetrica appare sottodimensionato nei contesti, come l’Emilia-Romagna e la PA di Trento, in cui il modello di assistenza territoriale al percorso nascita è centrato su questa figura, in linea con le raccomandazioni della Linea Guida sulla gravidanza fisiologica del SNLGISS e con le evidenze ormai consolidate della letteratura”.
Anche la disponibilità di psicologi e assistenti sociali appare generalmente sottodimensionata e molto variabile. Le ore settimanali della figura dello psicologo variano da 1,9 (Piemonte) a 31,2 (Lombardia) mentre quelle dell’assistente sociale variano da 0 (Valle d’Aosta) a 29,8 (Basilicata). Per la figura dello psicologo 7 Regioni superano lo standard previsto.
“Più in generale uno sguardo di insieme sulla disponibilità delle quattro figure professionali che compongono l’équipe consultoriale, a fronte di una carenza generalizzata di personale, fa emergere un ruolo diversificato dei CF nella rete sociosanitaria a livello regionale e di PA – si afferma -. Sembrano delinearsi infatti tre tipologie principali di servizi consultoriali: servizi orientati alle attività dell’area ostetrico-ginecologica (Piemonte, PA di Trento, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria); servizi che mettono al centro le competenze psicosociali (Lombardia, Liguria e Molise); servizi che abbinano la doppia linea di attività sanitaria e psicosociale (Valle d’Aosta, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Marche, Lazio, Regioni del Sud e Isole)”.
Riguardo alle altre figure professionali che operano nei CF, la più presente è quella dell’infermiere con circa 10 ore di lavoro consultoriale settimanale ogni 20.000 residenti.
Per poter dare risposta a bisogni di salute dell’utenza che richiedono una competenza non presente nel proprio organico, ovviamente, i CF possono avvalersi di consulenze. L’indagine riporta anche la distribuzione di Aziende sanitarie/Distretti in cui tale modalità viene adottata. Mediamente è una modalità adottata nel 65% delle Aziende sanitarie/Distretti; non è prevista o è usata poco frequentemente in 5 Regioni dell’Italia sud-insulare. Entrando più nel dettaglio, circa una Azienda sanitaria/Distretto su 3 si avvale della consulenza del neuropsichiatra infantile e dello psichiatra e una su due ricorre alla consulenza del mediatore culturale.
Accessibilità. L’accessibilità dei servizi consultoriali da parte degli utenti è legata anche a ore e giorni di apertura delle strutture. L’indagine riporta le medie di ore di apertura settimanale dei CF. In totale, le medie più basse, 22-26 ore a settimana, si registrano per i CF di Piemonte, Toscana, Umbria, Marche e Basilicata mentre quelle più elevate, 35-37 ore settimanali, si registrano in Lombardia, PA di Trento, Molise e Calabria. Tendenzialmente nelle Regioni del Sud e Isole sono minori le ore di apertura pomeridiana (6 ore a settimana in media) a fronte di un’apertura più prolungata al mattino mentre in quelle del Nord le aperture pomeridiane sono più prolungate e diffuse.
L’apertura dei CF di sabato è una modalità che, rispondendo alle esigenze lavorative e familiari dell’utenza, può concorrere ad aumentare l’accessibilità ai servizi. Complessivamente il 10,2% dei CF sono aperti di sabato, erano il 14% nel 2008. In Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Campania questa modalità è del tutto assente ed è poco diffusa in Piemonte, Veneto, Lazio, Sicilia e Sardegna. Le sedi aperte il sabato hanno una media di ore di apertura pari a 5,6 senza differenze per area geografica.