"Community matching", la relazione tra volontari e rifugiati per sostenere l'integrazione

Progetto di Unhcr, Ciac e Refugees Welcome che coinvolge Bari, Torino, Roma, Milano, Palermo e Napoli, "può dare una risposta efficace anche alle esigenze delle persone in fuga dalla guerra in Ucraina"

"Community matching", la relazione tra volontari e rifugiati per sostenere l'integrazione

Un progetto che "può dare una risposta efficace anche alle esigenze delle persone in fuga dalla guerra in Ucraina, permettendo di strutturare la straordinaria espressione di solidarietà di tanti singoli cittadini e favorendo da subito processi di integrazione sul territorio e nelle comunità". Si chiama "Community Matching" ed è promosso da dall’Agenzia Onu per i Rifugiati  (Unhcr) insieme a Refugees Welcome Italia Onlus e Centro Immigrazione Asilo Cooperazione Internazionale (Ciac), grazie al sostegno dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai attraverso i fondi 8x1000.

Il programma coinvolge Bari, Torino, Roma, Milano, Palermo e Napoli, le stesse municipalità con cui l’Unhcr ha sviluppato un percorso di buone pratiche per l’integrazione e che recentemente hanno sottoscritto la Carta per l’Integrazione. Fanta è una delle 63 persone rifugiate protagoniste dei matchings (abbinamenti), che il progetto sta mettendo in pratica in questa città, con l'obiettivo di rendere sostenibili i processi di integrazione creando relazioni mutualmente positive, per i rifugiati e per le comunità che li accolgono. “Mi piacerebbe conoscere veramente altre persone e imparare come si comportano e vivono qui in Italia, stando insieme ci si conosce”, spiega Fanta.
"Le persone rifugiate ricevono un aiuto concreto dai volontari nell’affrontare piccole e grandi sfide della vita di tutti i giorni, supporto emotivo nelle decisioni così come nello studio o nel lavoro, condividono amicizie e momenti di svago, occasioni per parlare italiano e per scoprire la città insieme a nuovi amici. - sottolinea le organizzazioni -  Il progetto crea vere e proprie relazioni di tutoraggio che si concretizzano in un accompagnamento competente e discreto, affinché esse non cadano in fraintendimenti e paure reciproche". “I rifugiati devono affrontare molti aspetti pratici relativi alla loro integrazione che possono rivelarsi complessi in un contesto che non è loro familiare, anche a causa di barriere linguistiche. - spiega Chiara Cardoletti, rappresentante Unhcr per l’Italia, La Santa Sede e San Marino - I volontari sono figure chiave per offrire un supporto personalizzato, flessibile e informale, in cui la persona rifugiata possa trovare un mentore e un aiuto quotidiano. Questo tipo di relazione non solo rappresenta un valore aggiunto per favorire processi d’integrazione più efficaci e sostenibili nel tempo, ma contribuisce anche a costruire, attraverso nuovi legami, comunità più coese”. “La costruzione di legami sociali non solo migliora le prospettive d’integrazione dei rifugiati ma, allo stesso tempo, arricchisce i volontari che mettono a disposizione un po’ del loro tempo. Da una parte i cittadini stranieri potranno ampliare le loro reti di supporto sociale, migliorare le proprie conoscenze culturali e linguistiche; dall’altra parte, i volontari potranno conoscere una cultura diversa, accrescere le loro conoscenze sui rifugiati e partecipare attivamente all'integrazione dei rifugiati e diventare dei portavoce di una buona accoglienza”, sottolinea Chiara Marchetti, del Ciac.  Per Fabiana Musicco, Direttrice Generale di Refugees Welcome Italia Onlus (RWI) “attraverso un adattamento della metodologia sviluppata e il coinvolgimento delle comunità ucraine residenti in Italia, sarà possibile dare un primo importante sostegno pratico ed emotivo alle persone, la maggior parte donne con figli, giunte sul nostro territorio in queste ultime settimane”, ha dichiarato “Il sostegno a questo progetto è per noi cruciale nell’ottica di favorire dei processi di inclusione dei rifugiati. È fondamentale accogliere i loro bisogni senza farli sentire isolati e trasmettere loro calore umano e speranza verso il futuro. È nostra convinzione che progetti di empowerment di questo tipo, che includono sia la popolazione di rifugiati che i cittadini del paese ospitante, possano fornire ad entrambi l’opportunità di sviluppare legami più profondi e occasioni di crescita, creando un modello sostenibile per il supporto ai rifugiati e rafforzando la resilienza dei territori”, ha dichiarato Alberto Aprea, Presidente dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai (Ibisg).

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)