Cibo per tutti. I mercati agricoli mondiali sono attraversati da forti tensioni dei prezzi
Quello del riso, è solo l’ultimo esempio delle forti tensioni che stanno attraversando i mercato mondiali delle grandi materie prime alimentari che costituiscono la base del sostentamento per tutti.
Produrre cibo per tutti. E’ il compito fondamentale dell’agricoltura. Obiettivo che non sempre viene raggiunto e che molto spesso viene dimenticato. Eppure, i campi e le stalle – in Italia e nel mondo – proprio questo devono fare: riuscire a sfamare tutti. Traguardo che appare ovvio negli agiati ambienti delle economie sviluppate (anche se alla fine non è scontato nemmeno lì), ma che è di fatto lontanissimo per buona parte degli altri sistemi produttivi. Quanto sta accadendo nei mercati agricoli mondiali deve quindi preoccupare. E non poco.
Coldiretti ha rilanciato in Italia quanto il Wall Street Journal ha segnalato con allarme: salgono a livello globale i prezzi del riso che è il cereale più consumato della Terra. E’ l’effetto del gioco della domanda che sale e dell’offerta che scende a causa delle incertezze climatiche nelle principali aree di produzione. E’ proprio da uno sguardo a quanto sta accadendo per il riso, che si capisce molto della globalizzazione agricola ma, soprattutto, di quanto il sostentamento di centinaia di milioni di persone sia appeso ad un filo. Perché adesso c’è poco riso? E perché gli osservatori più attenti sono in allarme?
Una nota dei coltivatori diretti spiega come il mercato mondiale sia sconvolto dalla scarsa produzione negli Stati Uniti nel 2019 e dalle preoccupazioni per gli effetti della prossima stagione dei monsoni sui raccolti nei Paesi del sud-est asiatico che hanno da poco ripreso le spedizioni all’estero. Già perché anche sul riso Covid-19 ha avuto effetto. Durante la fase più acuta della pandemia infatti – ricorda la Coldiretti – il Vietnam ha contingentato le esportazioni che sono state invece bloccate dal Bangladesh per il riso locale, mentre in India le consegne per l’estero si sono fermate a seguito delle pesanti conseguenze del lockdown. Una combinazione di restrizioni, interruzioni dei trasporti e turbolente variazioni dei prezzi che hanno creato “fratture nella catena alimentare e nell’offerta globale di cibo, mettendo in pericolo le regioni più vulnerabili del pianeta”. In questo ambito, anche l’Italia, tra l’altro, può giocare un ruolo. Il nostro Paese, infatti, è il principale produttore di riso in Europa con le coltivazioni su un’area di 220mila ettari e 4mila aziende agricole che raccolgono 1,40 milioni di tonnellate di riso all’anno (metà dell’intera produzione Ue). Riso italiano, dunque, che potrebbe trovare più di prima la strada delle vendite all’estero. Non è un caso, è stato fatto notare, che vi sia stata una accelerazione nella firma di un protocollo di intesa tra il nostro governo e l’amministrazione generale delle Dogane della Repubblica popolare cinese, che consente addirittura l’esportazione in Cina di riso italiano da risotto.
Quello del riso, è comunque solo l’ultimo esempio delle forti tensioni che stanno attraversando i mercato mondiali delle cosiddette commodities, cioè delle grandi materie prime alimentari che costituiscono la base del sostentamento per tutti. Poche settimane fa, nell’ambito dei Durum Days 2020, Assosementi, Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri, Alleanza Cooperative Agroalimentari, Compag, Italmopa e Unione Italiana Food hanno sottolineato “che le scorte di grano duro a livello mondiale continuano a calare, il prezzo è da mesi in rialzo e sulla qualità della prossima campagna produttiva incombono non poche preoccupazioni”. Tutto si capisce da due numeri: le scorte di grano duro sono ai minimi degli ultimi dieci anni e subiranno un ulteriore calo del 27% anche nel corso della prossima campagna; intanto i prezzi sono già cresciuti del 25% rispetto all’anno precedente.
Altro quindi che prodotti Dop e Igp, altro che dieta mediterranea e difesa delle buone e uniche produzioni agroalimentari nazionali, altro – occorre dirlo -, che i bisticci in punta di etichetta tra modi diversi di intendere la produzione agroalimentare europea e i suoi effetti sulle diete dei consumatori. Certo, intendiamoci, quanto producono le agricolture dei paesi sviluppati è da valorizzare, difendere e portare ad esempio di una grande sapienza produttiva. Accanto a tutto questo, però, rimane con tutto il suo peso e i suoi problemi l’altra parte della produzione agricola mondiale. Che, ricordiamocelo, tocca anche tutti noi.