Cervello vs. gps … 3-0! I meccanismi cerebrali nel calcolo dei percorsi pedonali
In caso di spostamenti pedonali, il nostro cervello non è ottimizzato per calcolare il cosiddetto "cammino minimo" (come farebbe qualsiasi navigatore).
Sempre più spesso, nei nostri spostamenti “a motore”, ci affidiamo all’intelligenza (si fa per dire!) del navigatore gps che l’ultima app di turno ci propone. Basta inserire un indirizzo da raggiungere e, tenuto conto dell’ora, del traffico presente, dei vari possibili intoppi stradali e via dicendo… in men che non si dica… eccoti servito l’itinerario migliore per raggiungere la meta nel minor tempo possibile! E, in genere, la cosa funziona!
Ma se ci muoviamo a piedi (per distanze ragionevoli), normalmente affidiamo i medesimi calcoli al nostro cervello, il quale sa benissimo che la distanza più breve fra due punti – quello di partenza e quello di arrivo – è, almeno in teoria, una linea retta. Il problema è che, soprattutto nelle nostre città, il percorso diretto verso la destinazione non sempre è possibile, per varie ragioni. In questi casi, quali criteri adotta la nostra mente per decidere il percorso alternativo da prendere? La domanda potrebbe sembrare bizzarra, o perlomeno superflua, ma non lo è, dal momento che l’eventuale risposta risulterebbe molto utile agli studiosi per le sue potenziali conseguenze applicative. Vediamo di chiarire meglio il concetto.
Un recente studio (pubblicato su “Nature Computational Science”), realizzato dall’Istituto di informatica e telematica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iit) di Pisa, in collaborazione con il Massachusetts Institute of Technology (Mit) e con il Politecnico di Torino, dimostra che, in caso di spostamenti pedonali, il nostro cervello non è in realtà ottimizzato per calcolare il cosiddetto “cammino minimo” (come farebbe qualsiasi navigatore). Il dato emerge chiaramente dall’analisi che il team di ricerca ha condotto su un “data set” di oltre 550.000 spostamenti a piedi, effettuati da oltre 14.000 persone di Boston e San Francisco, e non lascia dubbi: i pedoni tendono a scegliere percorsi, detti “cammini direzionali” che, pur puntando direttamente verso la destinazione, potrebbero alla fine risultare più lunghi del “cammino minimo”.
“Questa strategia – spiega Paolo Santi dirigente di ricerca del Cnr-Iit -, nota come navigazione vettoriale, è stata osservata in studi precedenti effettuati su animali, dagli insetti ai primati. La navigazione vettoriale viene usata perché richiede meno risorse cerebrali rispetto al dover calcolare il cosiddetto cammino minimo. Questo risparmio energetico cerebrale potrebbe essere il risultato dell’evoluzione, in modo da lasciare al cervello più risorse per compiere altre attività per la sopravvivenza”.
Dunque, sembrerebbe che la nostra mente tenda a distribuire le energie disponibili tra le diverse attività di calcolo. “Sembra esistere – precisa Carlo Ratti, professore di tecnologie urbane presso il dipartimento di Urban Studies and Planning del Mit e direttore del Senseable City Lab – un meccanismo che alloca le risorse computazionali del cervello per altri utilizzi. Trentamila anni fa, ad esempio, per fuggire da un predatore e oggi per evitare una zona pericolosa per l’eccessivo traffico. La navigazione vettoriale non produce il cammino minimo, ma un tragitto sufficientemente vicino a quello minimo, più semplice da calcolare e quindi con un dispendio di energie cerebrali inferiore”.
Accennavamo prima all’importanza delle potenziali applicazioni di una simile scoperta. I risultati dello studio, infatti, potrebbero essere utilizzati ad esempio per la progettazione urbana. “Le potenzialità contenute nei dati di spostamento degli individui sono enormi”, afferma Alessandro Rizzo, professore di automatica e robotica presso il Dipartimento di Elettronica e Telecomunicazioni del Politecnico di Torino. “L’avere individuato caratteristiche comportamentali uniformi in città dalle caratteristiche così diverse ci fa ben sperare nella possibilità di usare questi dati per progettare meglio le città del futuro, rendendo gli spostamenti dei cittadini più efficaci, sicuri e, perché no, piacevoli”. Che dire? I nostri navigatori gps restano sicuramente utili, ma… la creatività umana rimane insuperabile!