Card. O’Malley: “Andiamo avanti per prevenire il flagello degli abusi”

Si è aperta ieri a Roma la Conferenza su “La Tutela nella Chiesa cattolica in Europa” che riunirà fino al 15 novembre i rappresentanti di tutte le Conferenze episcopali europee. All’incontro – promosso dalla Pontificia Commissione per la protezione dei minori - partecipano anche persone vittime e sopravvissuti di abuso. L’invito unanime è quello di essere concreti. “Sappiamo che a nessuno servono bellissime parole che poi rimangono su fogli immobili”, ha detto mons. Luis Manuel Alì Herrera, segretario della Pontificia Commissione

Card. O’Malley: “Andiamo avanti per prevenire il flagello degli abusi”

“Andiamo avanti nei nostri sforzi per prevenire il flagello degli abusi”. È l’incoraggiamento formulato dal card. Seán O’Malley, presidente della Pontificia Commissione per la protezione dei minori, aprendo mercoledì 13 novembre a Roma con un video-messaggio la Conferenza sulla “Tutela nella Chiesa cattolica in Europa”. All’incontro che sta riunendo fino al 15 novembre i rappresentanti di tutte le Conferenze episcopali europee, partecipano anche persone vittime e sopravvissuti di abuso. Il cardinale ha espresso parole di gratitudine per la loro presenza e la “speranza” che “possano contribuire ai nostri sforzi per riparare il danno causato ai bambini, ora adulti, attraverso gli abusi nella Chiesa cattolica”. Nel suo intervento il cardinale ha evidenziato come ogni paese in Europa si trova in una fase diversa di sviluppo di politiche e procedure per proteggere i bambini. “Molti di noi – ha aggiunto – hanno una lunga storia di tentativi di gestire gli abusi all’interno della Chiesa”. Nonostante i punti critici e le difficoltà “ci sono molti sviluppi positivi nella vita della Chiesa in tutta Europa”, ha evidenziato O’Malley e “molti di questi sono il prodotto del vostro lavoro per promuovere ambienti sicuri per i bambini e per raggiungere vittime e sopravvissuti”.

“Sappiate della mia gratitudine per tutto ciò che fate per salvaguardare i bambini e per rispondere con cura e compassione a chiunque sia stato abusato nella nostra Chiesa”.

L’incontro prevede momenti in plenaria e lavori di gruppo. La parola sarà data anche alle vittime e ai sopravvissuti. Per questo, ad inizio conferenza, Rosanna Giacometto della Pontificia Commissione ha dettato “alcune regole” di comportamento per i partecipanti a partire dalla parola “safe”, declinandola lettera per lettera. S, come “Social media” e l’invito ad avere rispetto nella condivisione dei contenuti che emergeranno alla Conferenza ma soprattutto delle immagini. A, come “Atmosfera”, nella consapevolezza che ci potranno essere momenti difficili e memorie dolorose che “potrebbero far tremare la terra sotto i piedi”. A questo riguardo, la Pontificia Commissione ha messo a disposizione 2 esperti che possono assistere i partecipanti in caso di necessità e disagio. F come “Freedom”, e cioè la libertà di esprimere opinioni, commenti e ma sempre in uno scambio “rispettoso e gentile”. Infine, E come “safe Environment” con l’auspicio di un ambiente sicuro “per tutti quanti e ancora di più per le persone più vulnerabili”.

Nel prendere la parola, mons. Luis Manuel Alì Herrera, segretario della Pontificia commissione per la tutela dei minori, ha invitato i partecipanti ad essere “concreti”. “Lo sappiamo perché ci è stato detto molte volte da coloro che hanno subito abusi. Chiedono che a grandi temi e questioni trattate in convegni e riunioni, facciano seguito azioni concrete e cambiamenti effettivi”, ha detto.

“Sappiamo che a nessuno servono bellissime parole che poi rimangono su fogli immobili”.

“Non servono alle vittime e ai sopravvissuti e, diciamolo chiaramente, non servono nemmeno a coloro i quali sono impegnati nella protezione di minori e persone vulnerabili o nell’accoglienza di chi è stato ferito, in quanto ne viene minata la credibilità stessa degli intenti e delle azioni”. Sono tre le aspettative e gli obiettivi della conferenza, ha detto il vescovo. E sono: condividere esperienze, imparare e tessere reti (networking). “Nell’abuso la rete viene tesa e tessuta per perpetrare un danno, un crimine. Qui tenderemo e tesseremo reti robuste e condivise con l’obiettivo di rafforzarci nel contrastarlo e con l’obiettivo che non avvenga più”.

“Credo che la Chiesa possa fare davvero la differenza”, dice con convinzione al Sir Chiara Griffini, psicologa e presidente del Servizio nazionale Cei per la tutela dei minori. “Può fare la differenza – spiega – per quanto riguarda l’impegno preso a creare un ambiente sicuro al suo interno, che è sicuramente la cosa necessaria da fare perché è segno di una Chiesa che ha preso consapevolezza del dramma degli abusi, che l’ha devastata, che ha spezzato chiaramente la fiducia. Ma credo anche che la Chiesa possa fare la sua parte anche per dire no ad ogni forma di violenza e faccia anche chiaramente le giuste pressioni, perché è in gioco la dignità dei minori, la dignità delle persone”.

“Se ci pensiamo, è in gioco anche il nostro futuro, come cittadini e come credenti”.

E a questo riguardo, Griffini osserva: “la Chiesa, per la sua esperienza, può diventare davvero una punta avanzata nel safe guarding rispetto a tutte le altre organizzazioni della società civile”. Facendo il “punto” sul cammino della Chiesa italiana, la presidente del Servizio Nazionale Cei ricorda che la Chiesa in Italia ha iniziato il suo percorso nel 2019, “quindi è chiaramente e per certi aspetti all’inizio. In questi anni si è creata ormai una rete che è presente ed è diffusa in tutti i territori. Si tratterà di renderla sempre più efficace”. Griffini ricorda poi che la Conferenza episcopale italiana dal 2022 è invitato permanente all’Osservatorio grazie contrasto alla pedofilia alla pedo-pornografia presso il Ministero della Famiglia e delle Pari Opportunità. E conclude:

“Sul safe guarding interno, la Chiesa deve recuperare assolutamente credibilità, prima di tutto nel rispetto di coloro che sono stati feriti e nella capacità di prendersi cura anche di chi ha abusato”.

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Fonte: Sir