Cappellania di Cittadella. «Siamo Chiesa che si fa prossima nella malattia»
Non servono gesti eclatanti, ma basta farsi incontro all’altro instaurando un rapporto di fiducia per curare la persona e non la malattia. Ancora di più in tempo di emergenza sanitaria. Nel servizio della cappellania dell'Ospedale di Cittadella il farsi prossimo in questo periodo di pandemia ha assunto nuove modalità, senza mai trascurare però la relazione di fiducia.
«Il messaggio del papa è uno stimolo a riflettere sull’essenziale delle nostra vita e quindi al valore delle relazioni – sottolinea don Roberto Calderaro, da quattro anni nella cappellania dell’ospedale di Cittadella – nessuno può pensare al proprio interesse. Nella figura di Giobbe, che il papa richiama, si ravvisa il ruolo della cappellania: non siamo familiari, non siamo amici né operatori sanitari. Siamo Chiesa che si fa prossima alla malattia e di riflesso anche alla famiglia. Non sempre chi è accanto alla persona malata è in grado di aiutare nella ricerca di domande di senso che emergono quando si vive una sofferenza».
Non servono gesti eclatanti, ma basta farsi incontro all’altro instaurando un rapporto di fiducia per curare la persona e non la malattia. Ancora di più in tempo di emergenza sanitaria. «Il nostro farsi prossimo ora si manifesta in maniera diversa. Il servizio della cappellania, più che l’avvicinarsi del buon samaritano, del singolo, all’essere umano ferito, è quella dell’episodio del vangelo di Marco e del paralitico portato al cospetto di Gesù da un gruppo di amici. La cappellania è una comunità ospedaliera, un gruppo di persone, che a Cittadella sono una dozzina, fra laici e religiosi».
Da un anno però l'accesso ai reparti non è possibile e per i sacerdoti, la religiosa e il diacono presenti, la prossimità non è tanto vicinanza fisica, quanto, ad esempio, preghiera con i familiari, parola di conforto con chi si sofferma in chiesa, benedizione dei defunti che diventa pretesto per dire una parola di sostegno e di fede e instaurare cosi una nuova relazione di fiducia. «E poi siamo vicini agli operatori: diciamo loro che vengono ricordati nella preghiera. Nei loro occhi si legge gioia e riconoscenza per questo piccolo segno. Sono modi diversi per tessere una vicinanza, piccoli gesti, piccole attenzioni, che aiutano a far nascere una relazione di prossimità che si allarga oltre la cappellania».