Campobello di Mazzara, 25 braccianti agricoli chiedono di poter rimanere a vivere nei moduli abitativi
"Fateci rimanere nelle casette per altri due mesi": è questa la richiesta dei braccianti senegalesi che hanno lavorato alla raccolta delle olive e che adesso chiedono alle istituzioni di restare il tempo necessario a completare altri piccoli lavori agricoli
Chiedono di potere continuare a vivere nei moduli abitativi prefabbricati per completare il lavoro agricolo, che avevano iniziato durante la stagione della raccolta delle olive, fino al mese di marzo. A chiederlo a Comune, Croce Rossa e Prefettura sono 25 braccianti agricoli senegalesi rimasti a Campobello di Mazzara, rispetto agli oltre 600 che sono stati impegnati, da settembre a novembre, nella raccolta agricola stagionale.
In seguito alla morte del giovane bracciante agricolo Omar, circa 50 casette per 5 persone a testa, sono state infatti montate nell'ex oleificio Fontane D'oro, un bene confiscato alla mafia. I moduli abitativi sono arrivati molto in ritardo, a fine novembre, quasi a stagione conclusa. Da non tralasciare che, ancora attualmente, un gruppo di braccianti di origine africana (originari di Senegal, Nigeria e Gambia), continua a 'sopravvivere' in condizioni pessime (senza acqua, luce e servizi igienici) dentro l'area della ex Calcestruzzi dove, lo scorso settembre è morto il giovane bracciante Omar Baldeh.
"Siamo qui, all’ex Oleificio Fontane d’Oro, in queste vostre casette - scrivono in una lettera i 25 lavoratori ripresa da Contadinazioni, nodo locale di FuoriMercato - che abbiamo deciso come casa dopo la morte di Omar Baldeh, bruciato vivo la notte del 30 settembre al ghetto della ex Calcestruzzi, comodo a tutti perché poco visibile. Durante la stagione olivicola, per la prima volta, abbiamo espresso il nostro punto di vista con un corteo e organizzando assemblee sulla nostra condizione, a partire dalla quale abbiamo chiesto di 'autogestire' alla luce del sole la nostra vita quotidiana”.
"Dopo la morte di Omar, l'intervento che avete ritenuto necessario, nonostante le nostre rivendicazioni parlassero di necessità più ampie - legate ai documenti, alla salute, al lavoro, al diritto all'abitare -, è stato quello di montare, a stagione quasi finita, queste casette, dicendo che era per il nostro bene - continuano nella lettera -. Ora dal 21 dicembre ci dite di uscire da queste e andare via; ci offrite in alternativa una sistemazione simile a Castelvetrano però in un luogo lontano dal lavoro. Noi adesso siamo dentro le vostre casette e non vogliamo tornare alla ex Calcestruzzi. Chiediamo di rimanere qui perché ne abbiamo bisogno. Non possiamo accettare qualsiasi altra soluzione perché lavoriamo qui vicino. Le avete montate per il nostro bene? Oppure perché erano un simbolo politico della messa in discussione della nostra autonomia e capacità di prendere parola? A voi la risposta… questa volta con i fatti. Lasciateci vivere qui!".
A rincarare la dose è anche il gruppo dei braccianti Fuori Mercato Omar Baldeh che, nei giorni scorsi, ha inviato una cisterna d'acqua ai migranti che vivono nella ex Calcestruzzi.
"I 25 fratelli lavoratori senegalesi vanno ascoltati - dice Gora Diop di 27 anni senegalese anche lui -. Se chiudono le casette, ritorneranno alla ex Calcestruzzi dove non ci sono le condizioni per vivere. La gente di Campobello non vuole affittare le case. Io durante la stagione sono stato alla ex Calcestruzzi e ora sto a Partinico. Trasferirsi solo per un mese a Castelvetrano, considerato che nessuno ha i mezzi di trasporto, rende faticoso e difficile lo spostamento per il lavoro. Fra due mesi si trasferiranno in altre regioni italiane per lavorare ad altre raccolte. Il nostro lavoro che serve tanto alla gente di Campobello deve essere rispettato a partire dall'avere delle giuste condizioni di vita. Cercheremo di lottare in tutti i modi possibili per continuare a fare valere i nostri diritti".
"Da parecchio tempo seguiamo tutto ciò che è avvenuto a Campobello - sottolinea anche Cesare Casarino di Contadinazioni, il nodo locale di FuoriMercato -. Nonostante il notevole ritardo con cui sono state messe queste casette qualcuno ha scelto di viverci. Sebbene fosse stato chiesto l'accesso a tutti i braccianti, anche a quelli irregolari, sono entrati soltanto quelli in regola con i documenti e con il green pass. Detto questo, sono soltanto 25 di loro, già registrati dalla Crocerossa, che chiedono alle istituzioni di restare per altri 2 mesi necessari a completare altri piccoli lavori agricoli a Campobello. Basterebbe che rimanessero almeno cinque casette. Perché questa fretta di smontarle senza ascoltare, invece, questo loro bisogno? C'è una proposta di allestire, per soli 20 giorni, alcuni prefabbricati in un'area della Crocerossa a Castelvetrano. Riteniamo che questa sia una soluzione non funzionale perché Castelvetrano è distante da Campobello. Questi lavoratori chiedono soltanto di essere lasciati in pace. La cosa grave sarebbe che, se si decidesse di smontare gli alloggi, gli stessi andrebbero a rifugiarsi nell'area della ex Calcestruzzi che, purtroppo, ben sappiamo in che condizioni di enorme degrado si trova. Tutto questo sarebbe davvero un grave passo indietro".
Serena Termini