Caldo estremo sempre più presente. Il rapporto “Extreme Heat: Preparing for the heatwaves of the future”

Dati allarmanti emergono dal recente Rapporto congiunto di Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, Croce Rossa e Mezzaluna Rossa.

Caldo estremo sempre più presente. Il rapporto “Extreme Heat: Preparing for the heatwaves of the future”

Un rapporto congiunto di Nazioni Unite, Croce Rossa e Mezzaluna Rossa avverte sui gravi effetti delle ondate di calore che stanno colpendo diverse aree della Terra con maggior intensità e frequenza, mettendo a rischio centinaia di milioni di persone. Ma dà anche indicazioni su come intervenire a livello internazionale e umanitario

Caldo estremo, sempre più presente, sempre più insidioso. Non lo si vede, né lo si sente arrivare, eppure, ogni anno, causa decine di migliaia di decessi in tutto il mondo. Per questo gli studiosi lo definiscono il “killer silenzioso”, un fenomeno ingravescente che sta già mettendo a rischio non solo la sicurezza alimentare globale, ma anche la salute e la tenuta di interi sistemi sanitari. Basti pensare che, negli ultimi dieci anni, la probabilità che si verifichi un’ondata di calore è ormai quintuplicata a causa dell’influenza umana sul clima, in assenza della quale si verificherebbe una volta ogni cinquant’anni! E senza interventi correttivi sostanziali, presto quasi 1/3 della popolazione globale potrebbe sperimentare temperature medie che fino a ora sono state registrate solo nello 0,8% della superficie terrestre (principalmente nel Sahara). In pratica, in gran parte della regione equatoriale (comprendente ampie porzioni del Sud America, dell’Africa e dell’Asia) potrebbe essere in serio pericolo la salute delle persone, con stime previsionali paurose: entro la fine del secolo, le ondate di calore procureranno tassi di mortalità comparabili a quelli relativi ai decessi per cancro o malattie infettive!
Dati allarmanti, questi, che emergono dal recente Rapporto congiunto di Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, pubblicato col titolo “Extreme Heat: Preparing for the heatwaves of the future” (10 ottobre 2022).
Tra le aree maggiormente esposte, oltre ai paesi a basso reddito, maggiormente vulnerabili, figurano comunque anche il bacino del Mediterraneo (Italia inclusa), gli Stati meridionali del Nord America e ampie parti dell’Oceania. Lo dimostrano le più recenti ondate di calore, che hanno colpito per esempio l’Europa nel 2003 – una sorta di “anno zero” – e la Russia nel 2010, provocando rispettivamente un eccesso di 70.000 e 55.000 morti. È ben noto, infatti, che il corpo umano subisce gravi danni se esposto a temperature troppo elevate: già sopra i 35 °C e oltre i 37 °C il sangue si addensa, il cuore pompa più forte e gli altri organi possono essere danneggiati. All’aumentare della temperatura e dell’umidità, inoltre, aumentano la disidratazione e gli sforzi del corpo per raffreddare sé stesso, fino al colpo di calore che in molti casi può rivelarsi fatale.
Tra gli studiosi del clima, è ormai pacifico il convincimento che tutti gli eventi estremi (come il calore eccessivo) sono collegati, in qualche modo, con i cambiamenti climatici, come conferma lo stesso Intergovernmental Panel on Climate Change, secondo il cui parere le recenti ondate di calore osservate nell’ultimo decennio, sarebbero state estremamente improbabili senza l’influenza delle attività dell’uomo sul sistema climatico. Peraltro, in base alle statistiche, questo tipo di eventi risulta essere più grave e più frequente del doppio rispetto ad altri eventi estremi studiati. E se, come accennato, attualmente il rischio è quintuplicato, occorre sapere che per un aumento delle temperature intorno ai 2 °C le ondate di calore si verificherebbero 14 volte di più, mentre per un incremento di 4 °C il rischio aumenterebbe addirittura di 40 volte, in pratica quattro eventi ogni cinque anni! In conseguenza, in alcune aree del pianeta, come il Medio Oriente e l’Africa settentrionale, oltre 600 milioni di persone si troverebbero in condizioni incompatibili con la sopravvivenza.
Per non parlare, poi, dei numerosi effetti “a cascata” sull’intera società. A rischio, infatti, oltre alle vite umane, sono anche interi settori strategici, a cominciare dall’agricoltura. L’aumento delle temperature avrà effetti ambivalenti: in alcune regioni del pianeta, porterà benefici per le rese agricole, ma contemporaneamente metterà a serio rischio i raccolti delle colture di base, come mais e altri cereali.
Il Rapporto congiunto, comunque, non si limita a ribadire l’allarme per la situazione attuale, ma suggerisce e raccomanda alcune iniziative concrete per affrontare il problema. “Le ondate di calore – recita in conclusione il testo del documento – non dovrebbero essere affrontate principalmente come una questione umanitaria, bensì adottando piani di adattamento e protezione della popolazione”. Anzitutto – come suggerito di recentemente anche dall’Organizzazione meteorologica mondiale -, servono sistemi capillari di “early warning” (allerta precoce) per informare le persone in anticipo sia dell’avvicinarsi dell’evento in sé, sia delle possibili azioni da mettere in pratica per ridurre il rischio. Poi, sarà necessario rivedere anche le politiche di assistenza per le fasce più deboli ed esposte della popolazione, prevedendo anche aiuti economici. Ne è esempio l’Algeria, dove è stato sviluppato un programma che copre la disoccupazione delle persone non in grado di lavorare a causa di condizioni meteorologiche estreme, comprese le ondate di calore. Questo ed altri tipi di interventi simili rientrano in quella che il documento definisce come “protezione sociale adattativa”, vale a dire sistemi che possano essere modificati in base alle esigenze, al bacino di utenza e alle realtà a essa collegate.

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Fonte: Sir