Aria nociva. Gli effetti sulla salute dell'inquinamento dell'aria
Due recenti studi hanno provato a stimare a livello mondiale il numero di persone esposte a livelli nocivi di particolato fine e ad altre sostanze pericolose per la salute.
Tra le tante piaghe che affliggono il nostro tempo, continua a preoccupare il crescente inquinamento dell’aria. Ma qual è il costo umano globale di questo fenomeno antropico? Due recenti studi (pubblicati su “The Lancet Planetary Health”), coordinati rispettivamente da Veronica A. Southerland e da Susan C. Anenberg, entrambe del Milken Institute School of Public Health, George Washington University, Washington DC (USA), hanno provato a stimare a livello mondiale il numero di persone esposte a livelli nocivi di particolato fine e ad altre sostanze pericolose per la salute.
Nella prima ricerca, per la prima volta gli studiosi hanno messo a confronto le concentrazioni di PM2,5 (particolato fine) e le tendenze della mortalità in oltre 13.000 città in tutto il mondo; ne è risultato che l’86% (2,5 miliardi circa) delle persone che abitano nelle aree metropolitane è esposto a livelli medi annuali di particolato fine ben superiori a quelli indicati come “soglia limite” nelle linee guida dell’OMS.
Nel secondo studio, invece, i ricercatori hanno potuto stimare in circa 2 milioni i bambini affetti da asma conseguente all’inquinamento atmosferico da biossido di azoto dovuto al traffico (non a caso, due casi su tre si verificano nelle città). Un quadro, evidentemente, che delinea una vera e propria emergenza sanitaria riguardante in pratica tutto il pianeta, pur con incidenze e conseguenze differenti.
Nel primo studio, per ottenere risultati più accurati e significativi, i ricercatori hanno scelto di ricorrere alle stime della concentrazione di particolato fine su scala ridotta (circa 1 chilometro quadrato di risoluzione) su un insieme più ampio di città; questi dati, poi, sono stati messi in correlazione con il peso delle patologie potenzialmente correlate agli inquinanti atmosferici su una scala temporale di quasi due decenni (2000-2019). Come già accennato, il risultato non lascia dubbi: la maggior parte della popolazione vive ancora in aree con livelli di PM2,5 ampiamente al di sopra dei livelli ritenuti sicuri per la salute; in parole povere, respira aria nociva.
Più in dettaglio, si è constatato che, tra l’inizio del millennio e il 2019, la concentrazione di particolato fine è stata in media di 35 microgrammi per metro cubo (μg/m3), vale a dire una quantità di sette volte superiore a quella (5 μg/m3) stabilita dalle più recenti linee guida dell’OMS, con un’incidenza sulla mortalità di 61 decessi per 100.000 abitanti. A livello globale, si tratta di 1,8 milioni di morti in più a causa dell’inquinamento atmosferico!
Nella seconda ricerca, invece, gli studiosi hanno concentrato la loro attenzione sul biossido d’azoto (NO2), inquinante collegato per lo più al trasporto su strada. Si è potuto stimare che, nel 2019, ci siano stati 1,85 milioni di nuovi casi di asma pediatrica, di cui due terzi sono attribuibili all’NO2. Non solo, il biossido d’azoto sarebbe responsabile del 16% di tutte le nuove diagnosi di asma fatte nel 2019. Una piccola consolazione, comunque, viene dal fatto che la percentuale di incidenza dell’asma nelle aree urbane risulta in diminuzione (dal 19,8% del 2000 al 16,0% del 2019), indicando come le misure adottate sembrino funzionare, soprattutto quelle assunte nelle regioni a più alto reddito come Stati Uniti ed Europa, dove si registra un calo del 41%. Purtroppo, invece, si registra un aumento dei casi in Asia meridionale (+23%), nell’Africa subsahariana (+11%) e nell’Africa settentrionale e nel Medio Oriente (+5%).
E il Italia come vanno le cose? Non benissimo. Ad oggi, il nostro Paese ha all’attivo ben tre procedure di infrazione comminate dalla Commissione Europea proprio a causa del superamento, “in maniera sistematica e continuata”, dei valori limite (sia giornaliero che annuale) applicabili alle concentrazioni di PM10, PM2,5 ed NO2.
Per avere un quadro più chiaro, proiettato nei prossimi anni, nel 2019 un gruppo di ricerca dell’ENEA si è impegnata ad elaborare possibili scenari al 2020 e al 2030, in base agli impegni presi con il Programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico del 2018. Sono stati considerati due scenari differenti, uno basato sulle politiche ambientali attuali – molte delle quali ancora da rendere pienamente operative –, e uno che simula invece le riduzioni conseguenti all’adozione di ulteriori misure (in particolare nel comparto dei trasporti, nel settore residenziale con l’efficientamento energetico, e nella produzione energetica con il graduale abbandono di fonti fossili come il carbone).
Con quali risultati? Da un lato, si registra una sostanziale riduzione dei principali inquinanti presi in considerazione; dall’altro, “nello scenario 2030 – spiega la ricercatrice Ilaria d’Elia, co-autrice del rapporto – anche con misure addizionali, saremmo di poco sotto ai limiti annuali imposti dalla direttiva europea. Attualmente continuiamo infatti ad avere sforamenti nei limiti”. Sul piano dell’impatto sanitario (sempre al 2030) la mortalità sarebbe ridotta significativamente in entrambi gli scenari del 37% (scenario con le misure oggi previste completamente implementate) e del 40% circa (secondo scenario con misure rafforzate) per quanto riguarda il PM2,5, dall’85 al 93% per l’NO2, e dal 31 al 36% per quanto riguarda l’O3. Va aggiunto che, sul piano economico, tutto ciò corrisponderebbe ad un aumento del PIL nazionale di circa il 2%. Insomma, staremmo davvero tutti meglio!