Addio Italia. 550 mila giovani emigrati dal 2011

Presentato il Rapporto della Fondazione Nord Est “I giovani e la scelta di trasferirsi all'estero”. Si stima che al capitale umano uscito corrisponda un valore di 134 miliardi

Addio Italia. 550 mila giovani emigrati dal 2011

Oltre mezzo milione di giovani (18-34 anni) ha lasciato l'Italia negli ultimi 13 anni: al netto dei rientri, 377 mila ragazzi e ragazze hanno scelto di andarsene. Sono alcuni dei dati contenuti nel rapporto “I giovani e la scelta di trasferirsi all’estero”, realizzato dalla Fondazione Nord Est e presentato oggi al CNEL.

Si stima che al capitale umano uscito corrisponda un valore di 134 miliardi, cifra che potrebbe triplicarsi se si considera la sottovalutazione dei dati ufficiali. Sono i dati del Rapporto “I giovani e la scelta di trasferirsi all’estero”, realizzato dalla Fondazione Nord Est e presentato oggi al CNEL.

1 arriva, 8 vanno via

Per ogni giovane che arriva in Italia dai Paesi avanzati, otto italiani fanno le valigie e vanno all'estero. L'Italia si piazza all'ultimo posto in Europa per attrazione di giovani, accogliendo solo il 6% di europei, contro il 34% della Svizzera e il 32% della Spagna. Il Rapporto “I giovani e la scelta di trasferirsi all’estero”, presentato oggi al CNEL dalla Fondazione Nord Est, fotografa un'emigrazione intensa e inedita, con metà dei partenti laureati e un terzo diplomati, provenienti principalmente dalle Regioni del Nord. Ben il 35% dei giovani residenti nel settentrione, infatti, è pronto a trasferirsi all'estero. Tra le motivazioni principali, spiccano le migliori opportunità lavorative (25%), le opportunità di studio e formazione (19,2%) e la ricerca di una qualità della vita più alta (17,1%). Solo il 10% considera il salario più elevato come principale ragione per l'espatrio.

I giovani settentrionali che sono emigrati stanno nettamente meglio di chi rimane in Italia: il 56% degli expat si dichiara soddisfatto del proprio livello di vita, contro solo il 22% dei giovani che sono rimasti in Italia. L’86% degli expat crede che il proprio futuro dipenda dal loro impegno, a fronte del 59% dei cosiddetti "remainers". La visione del futuro è nettamente più positiva tra chi ha lasciato l'Italia: il 69% si aspetta un domani "felice", contro il 45% di chi è rimasto; il 67% lo ritiene "ricco di opportunità", rispetto al 34%; e il 64% lo vede "migliore", contro il 40% di chi non ha lasciato il Paese. Al contrario, tra i giovani che restano in Italia prevalgono le visioni negative: il 45% teme un futuro "incerto", il 34% lo vede "pauroso", il 21% lo ritiene "povero", e il 17% lo immagina "senza lavoro", contro percentuali molto più basse tra gli expat.

Giovani espatriati, l'80% è occupato

Gli ampi divari di vedute e opinioni discendono da significative differenze dalle condizioni professionali attuali: quasi l’80% degli expat è occupato (il 100% tra quanti non hanno conseguito il diploma delle superiori), contro il 64% dei giovani che risiedono nel Nord Italia, e tra i primi il tasso di disoccupazione è del 4,2%, contro il 12,5% tra i secondi.

Benessere percepito, visione del futuro e condizione professionale spiegano perché il 33% degli expat ha intenzione di rimanere all’estero, contro il 16% che sa che ritornerà in Italia (prevalentemente per ragioni familiari). Il 51% andrà dove si presenteranno le migliori opportunità. Non a caso, l’87% degli expat valuta positivamente l’esperienza all’estero. La principale ragione per restare all’estero è la mancanza in Italia di analoghe opportunità di lavoro, seguita dall’opinione che nel Bel Paese non ci sia spazio per i giovani, che non ci sia un ambiente culturalmente aperto e internazionale e che la qualità della vita sia migliore negli altri Paesi.

Solo l'1% degli emigrati è disoccupato

In base alle caratteristiche personali (origini familiari, percorso di studi), sono stati tracciati due identikit di giovani espatriati: al primo appartengono i giovani che hanno avuto condizioni di partenza meno favorevoli e che al più hanno ottenuto il diploma delle superiori (ma spesso non sono riusciti a completare il ciclo di studi che porta alla maturità); nel secondo rientrano i giovani che hanno avuto punti di partenza fortunati. I primi sono andati all’estero quasi per necessità (28% di chi ha risposto all’indagine), mentre i secondi ci sono andati per scelta (23%). Il tasso di disoccupazione dal 4,2% sale al 7% tra chi se ne è andato per necessità e scende all’1% tra chi se ne è andato per scelta.

Anche la tipologia di occupazione cambia significativamente: il 73,3% di chi se ne è andato per scelta svolge attività intellettuali o impiegatizie, mentre il 58,2% di chi se ne è andato per necessità è impiegato in ruoli per i quali in Italia le imprese denunciano una particolare carenza: tecnici, professioni qualificate nei servizi, operai specializzati e semi-specializzati, personale senza qualifica. In numeri assoluti, sono oltre 180 mila i giovani lavorano all’estero in tali attività (tenuto conto della sottostima dei dati ufficiali).

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)