Acquisire una cultura digitale. Gli italiani sembrano essere carenti nelle competenze digitali di base

Acquisire una cultura digitale sta diventando un criterio da considerare per evitare l’emarginazione e l’esclusione.

Acquisire una cultura digitale. Gli italiani sembrano essere carenti nelle competenze digitali di base

La nostra società si indirizza verso digitalizzazione sempre più diffusa e pervasiva. Non ci sono solo i profili che creiamo sui nostri social network, ma abbiamo le nostre “identità digitali” per interloquire con la Pubblica Amministrazione, scegliamo prodotti o programmiamo viaggi tutto online. Eppure gli italiani sembrano essere carenti nelle competenze di base in questo campo. Questo è quello che appare dalla recente rilevazione Istat su “Cittadini e competenze digitali”. In Europa ci collochiamo al quart’ultimo posto. Meno metà della popolazione tra i 16 e i 74 anni (il 45,7%, l’obiettivo fissato per il 2030 – tra 7 anni – è all’80%) raggiunge le competenze minime nelle cinque dimensioni considerate essenziali: l’alfabetizzazione e informazione dei dati che considera la capacità di ricerca delle informazioni e di discernere la qualità delle fonti; la comunicazione e collaborazione, che riguarda l’interazione su web e l’utilizzo dei social media, è l’unico ambito nel quale siamo più vicini a raggiungere il target; la creazione di contenuti digitali che valuta le competenze per creare o modificare i contenuti; la sicurezza che misura la capacità di proteggere i propri dati personali e la privacy; risoluzione di problemi, che si concentra sull’utilizzo di servizi online e di gestione dei software.

Acquisire una cultura digitale sta diventando un criterio da considerare per evitare l’emarginazione e l’esclusione e anche per saper essere protagonisti del futuro e non sudditi telecomandati.

Ormai gli algoritmi che incontriamo tra le varie app tendono a soddisfare le nostre esigenze in modo sempre più personalizzato. In alcuni casi ci sono programmi che si propongono di essere “intelligenze artificiali”, perché sono in grado di acquisire informazioni e rielaborarle: compongono testi, partecipano a discussioni, risolvono alcune equazioni, traducono da una lingua ad un’altra con una rapidità non raggiungibile a essere umano. Non sono però creativi. In verità non sono nemmeno intelligenti. Sono algoritmi che cercano nel web qualche informazione vicina a quanto richiesto e poi la rielaborano per renderla originale.

In ogni caso spetterà a noi comprendere se quanto riprodotto immagine, testo o quant’atro sarà reale oppure no, in quale misura sarà reale e in quale sarà frutto di fonti non attendibili, anche queste esistenti sul web. Ma soprattutto spetterà a noi comprendere quanto di quello che verrà prodotto dagli algoritmi diventerà reale oppure potrà rimanere un’elaborazione digitale.

Acquisire una cultura e un’educazione digitale ci dovrebbe, inoltre, aiutare a comprendere che gli algoritmi sono costruiti da programmatori e finanziati da aziende che hanno i loro interessi, le loro finalità, i loro ideali da sostenere. Così tenderanno a scegliere alcune informazioni e non altre per comporre le loro risposte, ad esempio.

Insomma, il mondo sarà più complesso e dovremo essere più preparati.

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Fonte: Sir