A fine ottobre è sbarcata su Sky-NowTv la serie HBO "Caterina la Grande" con Helen Mirren
Dopo essere stata la regina Elisabetta II, nel 2019 la Mirren è tornata a indossare la corona, ma questa volta non d’Inghilterra: è Caterina II di Russia.
Sempre The Queen. Vanta sempre autorevolezza e fascino, la regalità di una sovrana. Parliamo di Helen Mirren, attrice londinese dal curriculum e dai riconoscimenti considerevoli: nel corso della carriera ha ottenuto 1 Premio Oscar, 3 Golden Globe, 4 Bafta, 4 Emmy e 1 Tony Award. Tra i suoi ruoli più celebri, oltre a quello della regina Elisabetta II in “The Queen” (2006) di Stephen Frears, si ricordano: la cameriera Mrs. Wilson in “Gosford Park” (2001), Alma Reville Hitchcock nel biopic “Hitchcock” (2012) e di Maria Altmann in “Woman in Gold” (2015), senza poi dimenticare la miniserie “Elisabetta I” (2005).
Nel 2019 la Mirren è tornata a indossare la corona, ma questa volta non d’Inghilterra: ha interpretato infatti la miniserie HBO-Sky “Caterina la Grande” (“Catherine the Great”) sull’imperatrice Caterina II di Russia, per la regia di Philip Martin (autore di alcuni episodi della serie Netflix “The Crown”) e sceneggiata da Nigel Williams (nel 2019 ha firmato la serie italiana “Il nome della Rosa” prodotta da Palomar).
Imperatrice illuminata. Caterina II di Russia ha regnato nella seconda metà del ‘700, imponendosi con un colpo di Stato sul marito Pietro III nel 1762 e guidando poi il Paese sino al 1796. Tre decenni di grandi cambiamenti, conquiste e progressi, inseguendo le idee dell’Illuminismo.
Pros&Cons. Sulla carta, la serie dedicata a Caterina la Grande possedeva un ottimo potenziale: una grande statista, una figura complessa, tra zone di luce e ombra, che ha impresso un cambio di passo profondo nella storia della Russia. Il risultato della miniserie però è lontano dalle attese. Se Helen Mirren risulta nuovamente eccellente, puntale nell’interpretazione e di grande magnetismo, è la narrazione stessa a essere in affanno. La vicenda di Caterina II viene messa sotto la lente di ingrandimento principalmente per la sua irrequietezza sentimentale, per la sua passione verso il comandante Grigorij Potëmkin (l’australiano Jason Clarke). La grande Storia siede sullo sfondo del racconto e si affaccia ogni tanto per movimentare il tutto. Nel complesso, l’investimento economico non appare di poco conto, vista la qualità della messa in scena tra scenografie, costumi e sequenze corali. Le musiche, poi, Rupert Gregson-Williams spingono il racconto verso toni solenni, regali, al pari della bellissima “The Crown” (di fatto sono firmate dallo stesso Gregson-Williams insieme a Hans Zimmer). Elementi, dunque, di grande pregio che però non riescono a far decollare del tutto l’operazione, che si attesta come un prodotto di buona fattura ma di discreta qualità narrativa, privo di adeguati approfondimenti.