"A Riveder le Stelle": mostra d’arte contemporanea in occasione del 700esimo anniversario della morte di Dante Alighieri
“A riveder le stelle” è una mostra d’arte contemporanea a cura di Barbara Codogno realizzata in occasione del 700esimo anniversario della morte di Dante Alighieri che l’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova organizza dal 30 ottobre 2021 al 31 gennaio 2022 nelle sale destinate alle esposizioni temporanee del Museo Eremitani, in collaborazione con la Collezione “The Bank Contemporary Art Collection” di Antonio Menon.
“Certamente è controverso il rapporto tra Giotto e Dante ed è poco probabile che si siano mai incontrati – spiega l’assessore alla cultura Andrea Colasio- Non meno controverso il rapporto tra Padova e Dante che invece il poeta visitò, e che la identificò nella Divina Commedia come luogo del male, mettendo tra i dannati nel Canto XVII dell’Inferno ben due padovani: il primo è proprio Reginaldo Scrovegni in quanto giudicato strozzino il secondo, Vitaliano del Dente, al quale Dante fa predire la dannazione dell’Infermo proprio allo Scrovegni “.. e perché se’ vivo – sappi che il mio vicin Vitaliano- sederà qui dal mio sinistro fianco - Con questi fiorentin, son padovano...” Gli strali di Dante colpiscono Padova anche per un altro importante protagonista dell’epoca Pietro D’Abano, favorevole al libero arbitrio e che con Giotto aveva certamente collaborato negli affreschi del Palazzo della Ragione. L’esposizione andrà a creare – conclude Andrea Colasio, - un evocativo dialogo tra la Divina Commedia di Dante e il ciclo pittorico realizzato da Giotto nella vicina Cappella degli Scrovegni, il suo capolavoro assoluto ad affresco, candidato ad essere iscritto nella Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO”. Il dialogo trova evidenza nel linguaggio visivo contemporaneo grazie alle opere del collezionista bassanese che ha chiamato a raccolta i nomi più celebrati dal panorama pittorico figurativo italiano.
Gli autori presenti in mostra saranno: Agostino Arrivabene, Saturno Buttò, Desiderio, Marco Fantini, Sergio Fiorentino, Giovanni Gasparro, Alfio Giurato, Federico Guida, Maurizio L’Altrella, Paolo Maggis, Nicola Nannini, Sergio Padovani, Alessandro Papetti, Luca Pignatelli, Chiara Sorgato, Nicola Verlato, Santiago Ydanez per una cinquantina di opere esposte, molte delle quali di grandi dimensioni. In esposizione avremo quindi una selezione di pittori viventi, tutti italiani, tranne per un cameo internazionale.
La collezione fa opera di mappatura del linguaggio visivo contemporaneo, coinvolgendo artisti affermati che si muovono nel solco della figurazione italiana e che trovano nell'adesione alla realtà di Giotto il loro primo riferimento.
Per questa occasione, all’interno della collezione - prisma che fa luce sulle attuali tendenze pittoriche, evidenziando lo stato dell’arte in Italia - sono state scelte, a volte commissionate, quelle opere che maggiormente si prestano al dialogo con Giotto e Dante.
La mostra di arte contemporanea sarà articolata in sezioni, in un evocativo rinvio talora a un particolare degli affreschi della Cappella degli Scrovegni, talora ai versi della Commedia.
“In una prospettiva curatoriale -spiega Barbara Codogno- che non vuole essere didascalica, tanto meno agiografica o passatista, piuttosto evocativa e suggestiva. Rimanendo però fedele al percorso di luce tracciato sia da Dante che da Giotto e traghettando perciò lo spettatore verso il sollievo della rinascita indicata dalle stelle”.
Per la curatrice, Dante e Giotto sono pilastri della nostra cultura, sono dei simboli, degli archetipi. La stessa Divina Commedia è ricordata non nell’interezza del poema ma per alcune sue immagini forti, oggi quasi patrimonio genetico: Lucifero, l’Inferno, le Fiere, Cerbero, il Paradiso, i Dannati, la Caduta, i Lussuriosi, il Limbo, il Purgatorio, le Stelle... Quelle immagini che fanno parte anche nell’universo giottesco e che echeggiano negli autori selezionati dalla collezione The Bank Contemporary Art Collection.
Massimo punto di raccordo tra i due autori medievali sono le stelle. Le stelle di Giotto, ormai brand della stessa Cappella degli Scrovegni, che ne sigillano la splendida volta. E quelle invocate da Dante nell’ultimo verso dell’Inferno, quando con Virgilio, dopo aver superato le tenebre il Poeta contempla il cielo stellato, presagio del nuovo cammino di luce e di speranza.
Non ci è dato di conoscere con certezza quelli che furono gli incontri e gli scambi tra i due fiorentini. Certo è che i due pilastri della cultura italiana, che furono coevi (Giotto 1267 – 1337; Dante 1265 - 1321), rivoluzionarono prosa e pittura. Entrambi incarnarono il pensiero religioso e politico del loro tempo, ma traducendolo con una forza espressiva completamente nuova. Per Giotto la resa di uno spazio prospettico ante litteram e la rappresentazione dei sentimenti dell'uomo; per Dante una lingua nuova, il volgare, antesignano del nostro italiano. E certamente Padova e il Veneto sono luoghi che hanno registrato il passaggio di entrambi.
Sigilliamo alcuni nodi cruciali: a Padova, Enrico Scrovegni nel 1300 fa costruire a fianco del suo Palazzo una Cappella dedicata alla Madonna della Carità che sarà consacrata il 25 marzo 1303. Noto a tutti che il 25 marzo è il Dantedì poiché proprio il 25 marzo è la data nella quale inizia la Divina Commedia. L’occasione di questo progetto espositivo è il 700esimo della morte di Dante, il quale metterà il padre di Enrico, Reginaldo Scrovegni, nel suo Inferno, esattamente
nel girone degli usurai, designandolo con l’effige della casata: la scrofa. Giotto lavorerà a Padova, alla Cappella degli Scrovegni, oggi candidata ad entrare nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO, dal 1303 al 1305 realizzando un ciclo affrescato che, per contenuti e struttura formale, riecheggiano nel componimento del Sommo Poeta.
Evidente è, a esempio, come l’organizzazione degli episodi che si susseguono a spirale della Cappella degli Scrovegni rispecchi lo stesso movimento dei gironi danteschi. Questo movimento, sia pittorico che narrativo, è rafforzato da immagini speculari facilmente rintracciabili ora nei supplizi inflitti ai dannati, ora nel ruolo salvifico della Croce e del Creatore. Quel che è massimamente evidente in entrambi gli autori è l’univocità dello sguardo: sia Giotto che Dante separano nettamente il bene dal male. Forniscono un’identica chiave di lettura: il libero arbitrio dell’uomo deve scegliere se proseguire nel male, andando quindi incontro ai tormenti, oppure scegliere la retta via del bene che conduce al Regno dei Cieli.
Dal Novecento in poi, come si vedrà anche nelle opere degli autori contemporanei in esposizione, il bene e il male non saranno più separati: la luce e la tenebra si contagiano per disegnare nuovi paesaggi interiori.