Trattativa sull’Ucraina. Bozzo (Università di Firenze): “Non vedo facile questa partita”
L’aveva annunciato in campagna elettorale e l’ha fatto. Donald Trump ha alzato il telefono per parlare con Vladimir Putin e trattare la fine del conflitto in Ucraina. L’esclusione di Kiev, così come dell’Unione europea, ha destato clamore, tanto che la rappresentante per la politica estera europea, Kaja Kallas, commenta stizzita: “Nessun accordo alle nostre spalle funzionerà”. Al Sir Luciano Bozzo, professore di relazioni internazionali e studi strategici presso l'Università di Firenze, spiega come gli unici che abbiano la forza per partecipare al negoziato siano i presidenti di Stati Uniti e Federazione Russa ma che la strada sia ancora in salita.
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L’aveva annunciato in campagna elettorale e l’ha fatto. Donald Trump ha alzato il telefono per parlare con Vladimir Putin e trattare la fine del conflitto in Ucraina. L’esclusione di Kiev, così come dell’Unione europea, ha destato clamore, tanto che la rappresentante per la politica estera europea, Kaja Kallas, commenta stizzita: “Nessun accordo alle nostre spalle funzionerà”. Al Sir Luciano Bozzo, professore di relazioni internazionali e studi strategici presso l’Università di Firenze, spiega come gli unici che abbiano la forza per partecipare al negoziato siano i presidenti di Stati Uniti e Federazione Russa ma che la strada sia ancora in salita. “Bisogna convincere l’Ucraina – osserva il professore – ad accettare il fatto che i territori riconosciuti dal diritto internazionale le siano ormai sottratti. Per fare ciò, occorre offrire a Kiev garanzie di sicurezza ovvero la presenza di truppe di interposizione per mille chilometri”.
Trump ha fatto quello che aveva annunciato: ha chiamato Putin per trattare il cessate fuoco in Ucraina.
L’elezione di Donald Trump è stato un fattore decisivo e difatti il suo arrivo ha cambiato le regole del gioco. Il presidente americano vuole chiudere la guerra perché ragiona da business man: quello in Ucraina è un conflitto che porta danni materiali e in particolare danni agli interessi degli Stati Uniti. Per questo è chiaro che Trump voglia tentare, come primo passo, di ottenere un cessate il fuoco. Lo può fare, dato che la guerra in Ucraina è continuata grazie alle forniture militari, alle informazioni di intelligenze e alle consulenze strategiche ricevute soprattutto dagli Stati Uniti.
L’Europa è esclusa da questa trattativa.
Gli europei in questa guerra hanno posizioni molto diverse e il sostegno più forte all’Ucraina l’hanno dato finora gli Stati Uniti. Un’altra arma in mano a Trump è la pressione nei confronti di Putin perché può dire al suo interlocutore che non è interesse di entrambi che la guerra vada avanti. I due presidenti sanno che, se il conflitto non si fermerà, potrà anche scalare e coinvolgerli direttamente. Trump è quindi l’unico che ha un vero strumento di pressione per costringere l’Ucraina e convincere la Russia.
Cosa prevede che succederà?
Trump è in grado di forzare Zelensky e costringerlo a sedersi al tavolo della trattativa. Ma dopo la telefonata, è il Cremlino ad avere in mano il pallino. Occorrerà vedere cosa chiederà Putin per arrivare al cessate il fuoco, ma è evidente che non lascerà le regioni occupate. Di fatto, la Russia con una decisione presidenziale ha ammesso per intero dei territori che non ha nemmeno occupato del tutto. In prospettiva futura non vedo facile questa partita e nemmeno in quella più immediata. Bisogna convincere l’Ucraina ad accettare il fatto che i territori riconosciuti dal diritto internazionale siano ormai sottratti. Per fare ciò, occorre offrire a Kiev garanzie di sicurezza ovvero la presenza di truppe di interposizione per mille chilometri. Si tratterebbe di almeno 200mila uomini.
Chi dovrebbe assicurare queste truppe?
Per questo si apre un capitolo a parte perché l’Europa che dovrebbe darle non le ha e gli Stati Uniti vogliono essere coinvolti il meno possibile. Potrebbero essere le Nazioni Unite a intervenire e dare una copertura giuridica all’operazione. In questo caso, potrebbero essere coinvolti contingenti della Cina, dell’estremo Oriente, della Corea e del Giappone. Bisogna vedere quali sono le volontà e le disponibilità affinché ciò sia possibile. Le questioni sono dunque aperte e mi fanno pensare che non sia così facile giungere né a un cessate il fuoco né a un accordo di pace. Fra le richieste non negoziabili di Putin c’è il tramonto dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato.
Zelesnky dice che non si può trattare senza l’Ucraina.
La sua richiesta è comprensibile ma il problema è che non ha la forza per negoziare. La guerra in Ucraina, come sostengo da circa tre anni a questa parte, vede contrapposte due potenze a livello globale, gli Stati Uniti e la Federazione Russa, il coinvolgimento indiretto della Cina, di una potenza regionale quale l’Iran e di uno Stato come la Corea del Nord. È una partita che non si gioca a livello locale, ma ha che fare con la ridefinizione dell’ordine globale che vorrebbero Cina e Russia e il mantenimento dello status quo degli Stati Uniti.
Non vede un ruolo per la Nato?
I rapporti interni alla Nato sono al momento delicati e critici e implicano decisioni difficili che mettono l’Europa in una situazione non semplice. Trump, nel frattempo, ha due grosse questioni di cui prendersi cura: il deficit della bilancia commerciale, da ridurre con la minaccia dei dazi, e il problema dei costi della difesa.
M. Elisabetta Gramolini