Quel mistero chiamato cervello e la strategia per la salute
Dalle malattie, quali demenze e Alzheimer, alla sua plasticità, il nostro organo principale del sistema nervoso va tenuto costantemente in allenamento. E si inizia da bambini
«Il cervello è un organo misterioso e le malattie di cui è soggetto lo sono ancora di più». Così esordisce Annachiara Cagnin, responsabile del Centro per i disturbi cognitivi e le demenze della clinica neurologica dell’Azienda Ospedale-Università di Padova, intervenuta durante la Settimana mondiale del cervello, organizzata anche nel capoluogo euganeo dal’11 al 15 marzo. A livello nazionale la Settimana ha avuto come titolo “One brain, one health”, “Un cervello, una salute” per indicare la salute globale, quindi non solo di tipo medico ma anche legata all’ambiente, alla comunità, allo stare insieme e altro. Parlando di “mistero” del cervello, uno degli aspetti più affascinati è la cosiddetta plasticità. A tal proposito, Maurizio Corbetta, direttore della Clinica neurologica dell’Università di Padova e principal investigator del Veneto institute of molecular medicine (Vimm), spiega: «La plasticità di questo organo è la sua capacità di cambiare a seconda degli stimoli ed esperienze che riceve. È un aspetto molto presente nei bambini che imparano nuovi schemi mentali, nuovi comportamenti attraverso la ripetizione: per esempio, il caso di un bambino che si alza cento volte per caderne altrettante, imparando così a camminare. Negli adulti questa plasticità è preservata, è ancora presente, l’importante è aprirsi a nuove esperienze che attivano questi meccanismi. È un messaggio di speranza anche per gli anziani che possono mantenere una funzione cerebrale attiva, soddisfacente». Per quanto concerne le malattie più diffuse a livello cerebrale – dette demenze – il 60 per cento sono legate all’Alzheimer, «poi un 40 per cento sono la combinazione di demenza vascolare cioè dovuta a una cattiva perfusione cerebrale, legata alla malattia di Parkinson e la demenza frontotemporale» afferma il prof. Corbetta. In Italia più di un milione di persone soffre di demenze. La causa è l’insorgere di un accumulo anomalo di proteine nel cervello: «Quotidianamente – aggiunge lo studioso – ne accumuliamo come prodotti di scarico dell’attività cerebrale. Nei giovani queste proteine vengono “lavate” durante il sonno, mentre nell’anziano questi meccanismi di pulizia sono rallentati e, di conseguenza, si accumulano nel cervello. Quando queste proteine si ammassano più rapidamente, conducono a patologie dette degenerative».
In particolare la malattia dell’Alzheimer è causata dall’atrofizzarsi progressivo di aree via via più estese del cervello – con il mal funzionamento dei neuroni e la loro progressiva distruzione – che ne compromettono le sue capacità di funzionare correttamente. Non è noto cosa inneschi questo meccanismo, tuttavia una peculiare caratteristica del cervello delle persone affette da Alzheimer è la presenza di una quantità abnorme di una proteina (la beta-amiloide) che si condensa in placche e di accumuli fibrosi (definiti aggregati neurofibrillari). Oggi viene diagnosticata attraverso l’esame clinico del paziente con test neuropsicologici che valutano le funzioni cognitive come la memoria, il linguaggio, l’attenzione, le funzioni visuospaziali ed esami strumentali di imaging cerebrale (la risonanza magnetica, la Pet e la Spect, una tomografia a emissione di fotone singolo). Prima dell’insorgere dei sintomi, la proteina beta-amiloide in eccesso inizia ad accumularsi nel cervello 10-15 anni prima, segno che la malattia sta progredendo da diverso tempo. La dottoressa Annachiara Cagnin spiega che «grazie allo sforzo di molti ricercatori, presto potrebbe essere possibile diagnosticare la patologia in una fase molto precoce e pre-sintomatica attraverso un semplice esame del sangue, riducendo in questo modo anche l’invasività e i costi di esami come la Pet o la rachicentesi (una puntura lombare che consente di rilevare le proteine presenti nel liquido cefalorachidiano, ndg)». A oggi esistono farmaci per l’Alzheimer solamente per rallentare il progressivo declino cognitivo e mantenere i pazienti più a lungo nelle fasi meno sintomatiche.
La comunità scientifica si trova d’accordo nel parlare dell’importanza della prevenzione delle forme di demenza in generale e per l’Alzheimer in particolare: «Negli ultimi vent’anni – riflette Annachiara Cagnin – su questo tema si è concentrata un’ampia parte della ricerca scientifica. Nel 2017 in particolare una commissione internazionale di esperti, ha individuato nove fattori di rischio: il basso livello di istruzione, l’ipertensione, i disturbi dell’udito, il fumo, l’obesità, la depressione, l’inattività fisica, il diabete e l’isolamento sociale. A questi nel 2020 ne aggiunge altri tre: il consumo eccessivo di alcol, i traumi cerebrali e l’inquinamento atmosferico. Ebbene si riscontra che, intervenendo su questi 12 fattori di rischio, si potrebbe ridurre e prevenire lo sviluppo di circa il 40 per cento dei casi di demenza». E, nello specifico, l’accademica precisa: «Non si previene l’Alzheimer o altre patologie neurodegenerative all’età di 60-70 anni. Si inizia da bambini, rafforzando il loro cervello, stimolandolo con attività educative intra ed extra scolastiche, plasmandolo e rendendolo ricettivo e potente dal punto di vista delle connessioni sinaptiche. Inoltre la prevenzione passa dal mantenere il sonno regolare ed efficace, cosa oggi che non sta avvenendo per molti giovani che, abitualmente, mantengono gli smartphone accesi durante la notte: la Società di pediatria ha lanciato un allarme». Oltre a questi aspetti, il prof. Maurizio Corbetta sottolinea come la prevenzione passi «dal portare avanti un’attività cognitiva imparando qualcosa di nuovo, dal praticare l’attività fisica e mantenendo buone interazioni sociali».
La Strategia 2031 per la salute del cervello
La Società italiana di neurologia ha lanciato la Strategia per la salute del cervello 2024-2031 (Sisac) attraverso la quale intende implementare in Italia il Piano globale di azione per l’epilessia e le altre malattie neurologiche voluto dall’Oms.