Quando arriva da noi? I bambini davanti alla guerra e alla fame raccontate in Tv
I piccoli non si tirano indietro, prendono la parola, vorrebbero urlare “basta!” con quanto fiato hanno in gola

“Ma la guerra quando arriva da noi? Un giorno mio figlio davanti alla Tv mi ha fatto questa domanda. Non mi ha chiesto se, mi ha chiesto quando, sicuro che prima o poi sarebbe arrivata anche qui”.
Con queste parole la giornalista Francesca Mannocchi apre ognuno dei sette episodi del suo podcast dal titolo “Per esempio, la guerra”.
Alla guerra che continua anche in una terra devastata dal terremoto, si aggiunge la fame. I tagli da parte dell’amministrazione Usa agli aiuti umanitari e il calo di donazioni da parte di Paesi europei colpiranno 2,3 milioni di minori e 369 mila di loro moriranno di fame. Sono stime, riportate da Avvenire del 28 marzo, di molte Ong già costrette a cancellare progetti di solidarietà.
“Ma la guerra quando arriva da noi?”
Nella domanda a una mamma c’è una lettura adulta dei segni dei tempi da parte del giovanissimo figlio.
I bambini e le bambine non si accontentano di risposte rassicuranti e tranquillizzanti del tipo “La guerra è lontana…non preoccuparti”. Capiscono che non è così e attendono qualcuno che dica la verità ponendo fine alle bugie.
Vorrebbero capire che cosa gli adulti intendono con la parola pace così spesso abusata, così spesso ipocritamente aggettivata, così spesso intrisa di ambiguità.
La loro domanda diventa la denuncia di una indifferenza condensate nella frase: “Non possiamo farci nulla, la guerra e le ingiustizie le possono fermare solo i potenti che governano il mondo”.
Non dicono, gli adulti, che il loro comportamento rassegnato contribuisce ad alimentare sofferenze, morti e distruzioni. Non lo dicono ma i piccoli vedono, capiscono, valutano.
“Ma la guerra quando arriva da noi?”
C’è chi non risponde o spegne la domanda ma qualcuno, come Francesca Mazzocchi, racconta nelle scuole la realtà incontrata in scenari di guerra molto più numerosi di quelli delle prime pagine.
L’invito a conoscere, a studiare, a dialogare con le diversità è un passo sul sentiero della pace.
I piccoli non si tirano indietro, prendono la parola, vorrebbero urlare “basta!” con quanto fiato hanno in gola.
Così come fece Giovanni Paolo II il 9 maggio 1992 nella Valle dei Templi ad Agrigento quando rivolgendosi ai mafiosi gridò con tutte le sue forze “Convertitevi, una volta verrà il giudizio di Dio”.
Quel grido risuona anche oggi, un monito fremente per i responsabili diretti e indiretti di tanta atrocità.
“Una volta verrà il giudizio di Dio”. Quel Dio avrà il volto di un bambino, quel bambino che muore sotto le bombe, quel bambino che viene strappato alla famiglia, quel bambino che viene privato del cibo e dell’acqua, quel bambino che chiede alla mamma: “quando la guerra arriva da noi?”.