Non si governa l’Italia alimentando il conflitto
Elezioni regionali. Salvini fallisce l’obiettivo. Ora abbassiamo i toni. Tra pochi mesi si vota in Veneto. Che sia una campagna elettorale diversa
«Non possiamo vivere in un costante clima di campagna elettorale. Pensare al bene comune significa pensare a come ridurre il clima di conflittualità che dura ormai da troppi anni».
L’auspicio del segretario generale della Cei, mons. Stefano Russo, data a prima del voto ma vale a maggior ragione all’indomani di un’elezione regionale trasformata in una sorta di spada di Damocle pendente sul governo. Un clima di conflittualità alimentato ad arte – anche con passaggi e “citofonate” davvero mediocri – ma che non ha portato bene a chi puntava a espugnare una delle roccaforti del centrosinistra.
Anzi, molti analisti hanno individuato proprio in questo stile una delle ragioni dell’insuccesso. Di sicuro, il voto di domenica scorsa conferma un tratto di maturità dell’elettorato: l’esperienza conta più del simbolo e degli slogan, quando si deve scegliere chi gestirà le nostre città, i nostri trasporti, la nostra sanità.
Che le elezioni regionali abbiano anche una caratura politica è fuor di dubbio. Ma che ci si possa candidare a governare un territorio parlando quasi esclusivamente di Roma, del governo, dei decreti sicurezza, è un azzardo che quasi mai paga. A maggior ragione dove esiste un tessuto sociale ancora solido.
Tra pochi mesi si vota anche in Veneto, a parti invertite. Fin qui di problemi del territorio e di progetti per il suo futuro si è parlato poco. Speriamo avvenga, soprattutto da parte di chi si propone come alternativa all’attuale maggioranza. E speriamo che nessuno senta il bisogno di gettarla in rissa o di trasformare il voto nell’ennesimo referendum sul governo. Il Veneto, e i veneti, meritano molto di più.