Non è più la stessa Italia
Paure, rabbie, pulsioni ma anche la voglia di voltar pagina gonfiano i numeri di 5 Stelle e Lega. Archiviata tutto d'un colpo la stagione del bipolarismo, tramontati Berlusconi e Renzi, dal voto emerge un quadro politico rivoluzionato e ricco di incognite per il futuro.
Non sarà facile definire un nuovo assetto per quella che in tanti già definiscono la Terza Repubblica: perché non c'è una maggioranza parlamentare degna di questo nome e perché il copione politico e gli attori sono totalmente inediti.
Con il voto di domenica scorsa nasce la Terza Repubblica e anche questa volta l’Italia politica non sarà più quella di prima.
Come nel 1994. Anche allora il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica era avvenuto a partire da una nuova legge elettorale, in quel caso prevalentemente maggioritaria, oggi in prevalenza proporzionale.
Nel 1994 in più c’erano le macerie di Tangentopoli, la discesa in campo di Berlusconi e l’ascesa del Carroccio di Umberto Bossi. Oggi i primi passi della Terza Repubblica si accompagnano al fallimento del renzismo, all’inesorabile tramonto del berlusconismo, all’impetuosa ascesa dei populismi.
La buona partecipazione al voto (quasi il 73 per cento degli aventi diritto, percentuale di poco inferiore rispetto a cinque anni fa quando votò il 75 per cento) è un indicatore importante e positivo in un sistema democratico non proprio in perfetta salute. Le lunghe fila registrate ai seggi sono, alla fine, un segnale di speranza, un indice della voglia di partecipare e di contare.
A caldo, emerge un Paese attraversato da paure, rabbie e pulsioni non sempre positive, ma che non vanno sottovalutate né banalizzate, un Paese che, rispetto al quadro politico, vuole girar pagina nella speranza di trovare qualcuno che possa dare qualche risposta credibile.
Ci vorrà del tempo per cogliere tutti i significati di un voto che ha squassato il panorama politico al quale l’Italia era abituata da più di vent’anni, ma una cosa è chiara da subito: il Rosatellum ha centrato l’obiettivo (neanche tanto nascosto) per il quale era stato votato da un’ampia maggioranza: non permettere a nessuno di governare o perlomeno rendere la vita difficile a chiunque (specie ai Cinque Stelle).
Ora la “Terza Repubblica” comincerà a muovere i primi passi.
Da quel che si può comprendere dai numeri usciti dalle urne, non saranno passi né facili e né subito sicuri. Ci vorrà tutta la saggezza e l’esperienza del Presidente della Repubblica Mattarella per fare in modo che questi passi diventino cammino saldo, tale da percorrere un certo tratto di strada.
Ma non sarà facile.
Non sarà facile perché innanzitutto nessuno dei protagonisti ha raggiunto una maggioranza parlamentare degna di questo nome. Non sarà facile perché il copione politico è totalmente inedito, con inediti protagonisti in questo ruolo.
Il Movimento 5 Stelle e la Lega di Salvini, i vincitori di questa tornata elettorale, sono l’espressione di quei populismi che tanto preoccupano l’establishment italiano e più in generale europeo. Si dovrà capire quanto queste due realtà politiche siano compatibili (e quindi sommabili in un’alleanza di governo) o invece alternative. In tal caso si dovrà scrutare altre possibili alleanze. L’elezione del presidente del Senato e della Camera saranno i primi appuntamenti dai quali si potrà trarre qualche utile indicazione per il futuro.
Intanto quelli che sono stati i due partiti perno di tutta la cosiddetta seconda Repubblica appaiono in una fase crepuscolare.
Renzi ha finto di annunciare le sue dimissioni future: ci saranno dopo il varo del nuovo governo («intanto resto al mio posto»). Una scelta che suona come l’ultimo colpo di coda di un leader politico, sfiancato e screditato, che solo quattro anni fa, alle elezioni Europee, aveva raccolto la percentuale doppia di voti e che oggi si trova a certificare il fallimento di un progetto politico sul quale, forse, ha voluto giocare troppo e troppe volte a “O la va o la spacca”.
Forza Italia appare quello che è oggi il suo fondatore: un partito che ha esaurito la sua spinta propulsiva e dunque al tramonto. Il fatto che Berlusconi non fosse candidato è solo un alibi poco credibile per tentare di nascondere il fatto che il 1994 non torna e che Forza Italia, senza il Berlusconi del ’94 non ha futuro. A questo punto si tratterà di vedere se, quanto e come il sodalizio elettorale con la Lega sovranista di Salvini reggerà.
Ma questo voto certifica la scomparsa di altri protagonisti della Seconda Repubblica: nella nuova Italia rimane uno spazio residuale per la “sinistra sinistra” di Liberi e Uguali, non c’è nemmeno quello per la prospettiva ulivista di Insieme, per il mondo laico guidato da Emma Bonino, per le diverse anime centriste che avevano trovato albergo dentro l’una e l’altra coalizione, spesso condizionandole ben oltre il loro peso elettorale. Tante ambizioni e speranze cancellate, prima che dal meccanismo elettorale, dalla fuga verso altri lidi del voto popolare.
Per il resto colpisce la frattura del Paese: al Nord si impone la Lega, al Sud i Cinque Stelle: un fatto che testimonia che la questione Settentrionale da un lato e quella Meridionale dall’altro sono tutt’altro che risolte.
Un altro nodo da mettere nell’agenda del nuovo governo. Sperando che veda la luce in tempi ragionevoli.