Naufragi nel Mediterraneo: i doveri della politica, la profezia del “farsi prossimo”
La quotidiana tragedia degli annegamenti nel braccio di mare tra Libia e Italia chiama in causa i doveri degli Stati e dell'Unione europea. Se ne discuterà nuovamente a Bruxelles in sede di Europarlamento e di Consiglio europeo. Il governo italiano chiede - giustamente - aiuti agli altri Paesi dell'Unione. Ma l'emergenza migratoria, tornata d'attualità nonostante il Covid, chiama in causa anche la società civile e la stessa comunità cristiana
Fermare il crescente numero di morti in mare: questo il punto all’ordine del giorno di una discussione che si svolgerà martedì 18 maggio nell’emiciclo dell’Europarlamento, convocato ancora una volta a Bruxelles (e, in modalità mista, anche in streaming), mentre da giugno l’Assemblea potrebbe tornare a riunirsi nella sede principale di Strasburgo. Le barche che affondano nel Mediterraneo, i crescenti sbarchi a Lampedusa sembrano lasciare indifferente una gran parte dei Paesi Ue. Mentre l’Italia, attraverso il governo Draghi, insiste su una vera collaborazione e su aiuti – compresi i ricollocamenti – in chiave solidale.
Si pone inoltre il problema dei rapporti con i Paesi di origine e di transito dei flussi, e di quelli con la Libia, da dove partono moltissime imbarcazioni, sempre meno credibile come partner internazionale.
“Poiché migranti e richiedenti asilo continuano a perdere la vita nel tentativo di raggiungere l’Europa, i deputati dovrebbero sottolineare, durante un dibattito martedì, la mancanza di un approccio coordinato Ue – si legge sul sito del Parlamento Ue – per quanto riguarda la ricerca e il salvataggio in mare che ha complicato le operazioni di salvataggio delle persone in difficoltà”. “I problemi che circondano Frontex, con il personale presumibilmente coinvolto in respingimenti dei richiedenti asilo, e la cooperazione con la guardia costiera libica saranno probabilmente tra i temi sollevati nel corso del dibattito”, che vedrà coinvolti in aula anche il Consiglio e la Commissione europea. Lo stesso tema potrebbe tornare in discussione nel Consiglio europeo straordinario del 24 e 25 maggio, ufficialmente convocato per discutere di lotta alla pandemia, cambiamenti climatici e Russia.Dietro la questione-migrazioni si scorge, nuovamente, ciclicamente, la scarsa solidarietà tra i 27, (parzialmente) ritrovata nel contrasto alla diffusione del Covide sbandierata nello scorso fine settimana durante il Social Summit, il vertice di Porto e al battesimo ufficiale della Conferenza sul futuro dell’Europa. Ma proprio l’Europa comunitaria non può avere alcun futuro senza tornare alle sue fondamenta, che ci ricordano come l’integrazione economica e politica si fondi esattamente sulla solidarietà, sul condividere i pesi imposti dalla storia, sul cercare strade comuni per far fronte alle sfide che i tempi nuovi impongono, di volta in volta, ai popoli e agli Stati europei, entro un quadro mondiale in costante evoluzione.
Bene, dunque, il dibattito al Parlamento del 18 maggio, ok alle discussioni tra i capi di Stato e di governo del 24-25 maggio: sapendo però che ogni giorno che passa si contano ulteriori naufragi, morti annegati – bambini, donne, uomini –, nuovi affari per la tratta di esseri umani. Quanto pesano sulla coscienza d’Europa?
Non va peraltro trascurato il fatto che, mentre si chiede alla politica (nazionale, europea) di intervenire,molteplici sollecitazioni all’accoglienza e alla stessa solidarietà sono giunte dal Papa e dai Vescovi europei, guidati dal card. Jean-Claude Hollerich, alle comunità cristiane in Europa.
Certamente diverse parrocchie, diocesi e Caritas fanno molto. Ma se si ponesse fattiva attenzione ai toccanti appelli del parroco di Lampedusa, don Carmelo La Magra, non potrebbe venir meno il “farsi prossimo”, profetica risposta all’appello di chi, attraversando il Mediterraneo, cerca solo una vita dignitosa.