Lo svantaggio delle donne. Una riflessione a partire dal Global Gender Wealth Equity Report
Questa indagine che considera indicatori di 39 paesi (tra i quali l’Italia) intercetta alcune delle cause della disparità.
Una delle disuguaglianze più profonde e radicate che attraversa la società passa dalla disparità delle condizioni di vita tra donne e uomini. Un’eredità di un modello sociale ormai tramontato a livello ideale che produce però tantissimi effetti nella concretezza della realtà attuale. Si chiamano svantaggi di posizione. Sono quelli che pagano i soggetti che partono indietro rispetto ad altri soggetti. Già denunciati tempo fa da Don Lorenzo Milani, di cui ricorre il centenario dalla nascita sosteneva. Lui diceva – parlando degli studenti – con il linguaggio del periodo che è un’ingiustizia fare “parti uguali tra disuguali”. E le disparità tra uomini e donne sono ancora molte oggi.
Alcune partono da una mancata collaborazione all’interno dello stesso nucleo familiare. C’è la disparità dei carichi di cura nella famiglia che porta la donna a sobbarcarsi quest’attività gratuita dalle 3 alle 10 volte più degli uomini nel mondo. C’è poi un diverso peso specifico nel mondo del lavoro che portano a un diverso trattamento salariale anche a parità di titolo di studio. Il gender pay gap (il divario tra i redditi da lavoro) in Italia, ad esempio, dopo 5 anni dalla laurea indica che gli uomini trovano un lavoro più stabile e di conseguenza anche un reddito più sicuro; si pensi che quando ci si trova in presenza di figli la differenza raggiunge il 35,4% solo considerando i laureati.
Purtroppo le disuguaglianze nel corso della vita tendono ad aumentare – anche nei paesi in cui fino non si riscontrano differenze durante il percorso di studi – e si rileva una vulnerabilità economica, come afferma il Global Gender Wealth Equity Report, nel quale si sottolinea che la disparità colpisce anche l’ambito pensionistico. Questa indagine che considera indicatori di 39 paesi (tra i quali l’Italia) intercetta alcune delle cause della disparità: oltre al carico di cura non retribuito che alimenta il divario e porta le donne più facilmente verso contratti part-time, se non addirittura a rinunciare al lavoro retribuito, e oltre la disparità salariale, si verifica l’interruzione dei periodi di carriera lavorativa. È più facile che le donne incontrino periodi di pausa lavorativa, spesso forzata quando non si rinnovano i contratti o quando – direttamente o indirettamente – si verifica un allontanamento dopo la maternità.
Questi tre fattori si intrecciano tra loro e producono un ulteriore divario sia nell’accumulo di “ricchezza” sia nella percezione di una pensione. Così finisce che le donne durante la vecchiaia corrono più facilmente il rischio di povertà rispetto ai loro coetanei uomini.