La vacanza può essere tempo di verifica personale
Forse chi vive in un eremo o in un monastero o molte persone che non hanno la possibilità finanziaria di andare in vacanza, non vivono nella fede la bellezza della vita in Dio? Mai come in questo tempo va recuperata la dimensione contemplativa dell’esistenza, per accorgerci nel qui e ora quanto è prezioso ogni momento vissuto con amore e come dono, per riprendere con passione il cammino con Gesù ed essere presenza significativa in ogni angolo della terra tra gli uomini e le donne del nostro tempo
Tempo di vacanza, di riposo, della cura di sé, tempo di recupero di forze… Tutti protesi verso le sospirate vacanze, inneschiamo la corsa contro il tempo per programmare, fare la coda presso le agenzie, prenotare il posto, ecc., esautorando le poche energie ormai a disposizione. Ma dove siamo diretti?
Andare in vacanza è il sogno di sempre e di tutti: per chi o per che cosa? Si avverte l’urgenza di tuffarsi nello stordimento per non pensare, per dimenticare le fatiche di ogni giorno, per buttarsi nel divertimento, per mandare all’aria le regole vissute come controllo, per lasciare liberi i freni inibitori… per continuare a cercare di soddisfare i bisogni individuali, senza impegnarsi consapevolmente nella cura di sé e degli altri in modo sano. Si è disposti a lasciare tutto, per andare lontano, senza rinunciare però ai messaggi e ai selfie che, seguendoci come un’ombra rassicurante, fanno sentire la certezza illusoria che ci siamo e che esistiamo e che gli altri ci seguono e che non siamo soli.
Non mancano coloro che, imbrigliati nel gioco psicologico “occupatissimo”, non si concedono neanche un giorno di vacanza.
Il tuffo in un mare di carte, di libri, di lavoro di qualsiasi genere consente di mettere le distanze di sicurezza dagli altri, poiché le relazioni richiedono ascolto, silenzio, empatia, reciprocità, accoglienza, dono senza condizioni, gratuità, esposizione di se stessi, intimità, gioia dell’esserci dell’altro/a. Gli individui che spesso vivono nell’isolamento, paralizzati dalla sclerocardia, annaspano nella ricerca dei propri confini affettivi. Sentono la nostalgia, di tanto in tanto, di un po’ di calore umano, ma non lo cercano, atrofizzano la gioia del dare e del ricevere, si accostano ad ogni altro solo a livello cerebrale.
C’è chi, però, aspetta questo periodo non solo come opportunità di riposo, ma anche di verifica personale, tempo in cui può guardarsi dalla parte di Dio, per scoprire tutta la bellezza del proprio esserci e quello degli altri, del dono della vita, l’unicità e l’irripetibilità impresse dal Signore nel profondo dell’esistenza di ogni vivente.
Sono coloro che si concedono qualche giorno di riposo in montagna o al mare.
Chi va in montagna scorge la bellezza del creato, guarda la rarità di una stella alpina.
Sente il peso del proprio passo che avanza e, nonostante la fatica, decide di andare sempre più in alto: cadenza spesso il proprio incedere sul ritmo della preghiera del cuore. Percepisce la bellezza della presenza dei compagni di cordata e, nello stesso tempo, familiarizza con la solitudine abitata. Sperimentandosi parte del creato, frammento dell’universo, riflesso della bellezza di Dio, scopre, lungo il cammino, che la sua vita assume il volto della pace, della serenità, della gioia, dell’accoglienza incondizionata di ogni persona che incontra. Mentre custodisce il silenzio, dove coglie la presenza di Dio, allarga il proprio cuore fino ai confini del mondo.
Chi va al mare gode dell’infinito che si staglia davanti agli occhi, sente il sussurro della brezza leggera, guarda l’infrangersi delle onde appena accennate sul bagnasciuga, tocca con le mani la sabbia finissima che scivola tra le dita, gode della bellezza del tramonto sul mare, del planare di un gabbiano che con ritmo cadenzato sembra trattenere gli ultimi raggi del sole. Scopre che l’amore infinito di Dio avvolge ogni cosa: mentre si sente parte dell’universo, si percepisce prezioso ai suoi occhi.
È questione di luogo per trovare riposo o forse siamo chiamati a fermarci anche brevemente durante la giornata nell’arco dell’anno, per accogliere nel profondo l’invito di Gesù rivolto ai suoi: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro” (Mt 11,28)? Forse chi è in un eremo o in un monastero o molte persone che non hanno la possibilità finanziaria di andare in vacanza, non vivono nella fede la bellezza della vita in Dio? Mai come in questo tempo va recuperata la dimensione contemplativa dell’esistenza, per accorgerci nel qui e ora quanto è prezioso ogni momento vissuto con amore e come dono, per riprendere con passione il cammino con Gesù ed essere presenza significativa in ogni angolo della terra tra gli uomini e le donne del nostro tempo. Il riposo è legittimo, anche il Signore si riposò il settimo giorno (Gen 2,3), ma perché non diventi fuga dalla realtà, va custodito ogni giorno, per ritrovare se stessi, gli altri e Dio.
Diana Papa
abbadessa Monastero Clarisse Otranto