La guerra interpella la coscienza. Sì alla pace, ma il debole va protetto e curato
Caro direttore, sono per me giorni di angoscia, nel rendermi conto che la mia e le nostre vite e il mondo come lo conosciamo sono fondati su equilibri così precari, che hanno consentito a noi europei di vivere in pace e prosperità e che, mutando repentinamente, ci stanno obbligando a confrontarci con decisioni che mai avremmo ritenuto immaginabili.

Non siamo preparati, ci siamo fidati e affidati a relazioni che consideravamo assodate, forse siamo anche stati un po’ ignavi, senza infamia e senza lode. Tant’è: ora, dobbiamo porre rimedio. La garanzia di ciò che a noi sembrava una conquista ormai assodata e di quell’equilibrio di cui oggi comprendiamo la precarietà, ci erano assicurati da un sistema multilaterale dentro al quale stavamo ancora esercitandoci a muoverci. Oggi, dobbiamo essere artefici del nostro destino completamente e fino in fondo, onori e oneri,...