L’insegnamento è una vocazione. Il riconoscimento attribuito a Sister Zeph apre uno squarcio su temi troppo spesso dimenticati
Il Global teacher prize è andato quest’anno a una giovane donna pakistana, sister Zeph, fondatrice 26 anni fa di una scuola per bambini svantaggiati
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Il Global teacher prize, cioè il riconoscimento della Fondazione Varkey che premia ormai da anni gli insegnanti che hanno dato un contributo importante alla professione, è andato quest’anno a una giovane donna pakistana, sister Zeph, fondatrice 26 anni fa di una scuola per bambini svantaggiati.
Il Premio – il più importante riconoscimento al mondo riservato agli insegnanti, organizzato in collaborazione con l’Unesco e in partnership strategica con Dubai Cares, un’organizzazione filantropica globale con sede negli Emirati Arabi Uniti – vale un milione di dollari e soprattutto ha il pregio di portare sotto i riflettori storie di passione e di impegno legate al mondo della scuola, con uno sguardo a 360 gradi che spesso aiuta a focalizzare situazioni al limite, dove proprio l’attività dell’insegnamento permette crescita umana e sociale.
Il riconoscimento attribuito a Sister Zeph apre uno squarcio su temi troppo spesso dimenticati, legati certo al Paese d’origine della docente premiata, il Pakistan, ma non di rado presenti in tante parti del mondo: la discriminazione femminile, la difficoltà per chi è più svantaggiato economicamente e socialmente di accedere a un diritto globale come quello all’istruzione, il valore dell’impegno personale e dei percorsi educativi non solo naturalmente per la trasmissione della cultura, ma più in profondità per la costruzione di un mondo più giusto.
Sister Zeph ha una storia speciale e il suo impegno per la scuola e l’istruzione fa ricordare un’altra donna, premiata con il Nobel per la pace 2014, Malala Yousafai che – così la motivazione del Nobel – “attraverso la sua lotta eroica è diventata una portavoce importante del diritto delle bambine all’istruzione”.
La “lotta” di sister Zeph comincia quando aveva 13 anni, quando fondò nel cortile di casa sua una scuola per i bambini i cui genitori si trovavano in difficoltà economiche e non potevano pagare le rette per l’istruzione. Veniva lei stessa da un percorso di emarginazione, penalizzata dall’essere donna e cristiana, per cui si trovò costretta ad abbandonare la scuola che frequentava. La voglia di riscatto l’ha portata a continuare a studiare da sola e a fondare subito la sua scuola, che sosteneva lavorando otto ore al giorno per poi insegnare agli studenti per altre quattro ore, e dedicando le ore notturne allo studio. Ora, dopo 26 anni, la scuola è ospitata in un edificio nuovo, e offre istruzione gratuita a più di 200 bambini svantaggiati. Molti dei suoi studenti di umili origini sono andati a lavorare per la fondazione di Sister Zeph per l’istruzione e lo sviluppo, mentre altri hanno intrapreso carriere professionali di successo.
Commentando il premio – il milione di dollari servirà a finanziare una nuova scuola e un rifugio per gli orfani – Sister Zeph ha spiegato che “l’insegnamento non è solo una professione. È una vocazione, una chiamata a ispirare, nutrire e responsabilizzare la prossima generazione. Lavoriamo insieme per garantire che ogni bambino abbia la possibilità di imparare, sognare e avere un impatto positivo sul nostro mondo”. Non solo. Ha aggiunto poi che il riconoscimento ricevuto ricorda “che quando lavoriamo insieme, possiamo superare gli ostacoli. È un invito all’azione, un invito a raddoppiare i nostri sforzi e un invito al mondo a unirsi nel nostro impegno per garantire che ogni bambino, indipendentemente dal suo background o dalle sue circostanze, abbia accesso a un’istruzione di qualità”.
Vale la pena di ascoltare queste parole e di ricordare storie come quella di Sister Zeph, che dal nostro osservatorio abbastanza tranquillo possono sfuggire. La scuola resta, in ogni parte del mondo, un valore aggiunto, un’occasione di crescita globale e di sviluppo per una comunità umana migliore.