Investitori senza scrupoli si muovono freneticamente per produrre "frutti", indifferenti alle cause stesse
I soldi che ci servivano per vivere, ora condizionano dall’esterno la nostra vita, ci speculano sopra come se noi stessi scommettessimo su ciò che facciamo.
Soffiano venti di guerra? Acquistare oro! Con quello, non si sbaglia mai. E se la guerra è in Medio Oriente, speculare sul petrolio, che sicuramente avrà un’impennata delle quotazioni. Se infine il presidente Trump dice che ci penserà il petrolio americano a compensare la situazione, cercare con urgenza quali siano le compagnie texane o del Nebraska che più usufruiranno della situazione: sono azioni che valgono oro, appunto.
Normale, no? No. Erano e sono inimmaginabili gli omini della finanza pronti a speculare sul prezzo dell’acciaio il giorno dopo l’invasione hitleriana della Polonia, spinti dall’immaginare il fabbisogno crescente di carriarmati e cannoni… Oggi invece, sopra le nostre teste, i pupari dei soldi si muovono freneticamente per farli correre laddove possono produrre “frutti”, indifferenti alle cause stesse. I soldi che ci servivano per vivere, ora condizionano dall’esterno la nostra vita, ci speculano sopra come se noi stessi scommettessimo su ciò che facciamo.
Ah, la colpa è nostra, non dei pupari. Agiscono su nostro mandato ogniqualvolta andiamo da un consulente finanziario a chiedergli: c’è niente che mi può dare qualche punto di interesse sui miei risparmi?
Logiche ciniche ormai dominano ogni azione. Della Libia, di una guerra civile che si trascina da nove anni, delle condizioni degli africani che lì approdano per cercare di raggiungere il Bengodi, della violenza e delle morti non ci interessa dichiaratamente granché. Noi italiani abbiamo pozzi di petrolio e giacimenti di metano in quello scatolone di sabbia, e il nostro interesse è quello di garantirci gli approvvigionamenti di idrocarburi libici. Vorremmo mica morire di freddo?
E beata Libia che ha il petrolio! Almeno le sue ricchezze ingolosiscono mezzo mondo. Ma della Somalia e dello Yemen, terre poverissime devastate dalla violenza, non interessa niente a nessuno. Nemmeno agli omini della finanza che – dalle Borse di Londra, New York, Hong Kong e dai computer di migliaia di finanziarie – muovono fantastiliardi ogni giorno alla ricerca di un’oasi alla quale abbeverarli.
In quelle terre desolate e prive di appeal per i nostri soldi potrebbe addirittura installarsi un califfato di stampo medievale che massacra le popolazioni locali, agisce indisturbato per centinaia di chilometri, progetta una guerra santa… senza che la cosa ci tocchi per anni.
Come dite? È già successo?