Intelligenza artificiale ed educazione: applicare un sano realismo
Negli ultimi sei mesi, chatGPT ha catalizzato l’attenzione mondiale poiché ha reso accessibile al vasto pubblico, in maniera apparentemente “gratuita” e “democratica”, una tecnologia avanzata che sembra rivoluzionare in modo irreversibile Ie nostre abitudini e attitudini intellettive
Negli ultimi sei mesi, ChatGPT ha catalizzato l’attenzione mondiale poiché ha reso accessibile al vasto pubblico, in maniera apparentemente “gratuita” e “democratica”, una tecnologia avanzata che sembra rivoluzionare in modo irreversibile Ie nostre abitudini e attitudini intellettive.
C’è entusiasmo poiché ci è stata concessa la libertà di usufruire in prima persona – e non in maniera riflessa attraverso apparati esterni a noi – di Intelligenza Artificiale, insieme alla potenziale possibilità di comprenderne il funzionamento. Ma c’è anche preoccupazione, poiché non sono chiari alle nostre “intelligenze naturali” l’impatto e le conseguenze che questa super innovazione tecnologica avrà sulle nostre vite, a breve e a lungo termine. Come a ogni evoluzione storicamente importante si ripetono dunque due contrapposte dinamiche: un eccessivo ottimismo, che prova ad annullare ogni eventuale “costo sociale” sotto il mantra che non bisogna fermare le rivoluzioni né il progresso, per cui sicuramente “andrà tutto bene”. E un incauto pessimismo, che rischia di banalizzare la questione al semplice “divieto di accesso” allo sviluppo, in nome della salvaguardia della specie, che il più delle volte è invece soltanto un escamotage per non occuparsi degli eventuali problemi connessi e “lasciare le cose come stanno”.
Eppure si potrebbe pensare a una terza via, un sano realismo, che non si fa abbagliare dall’entusiasmo spropositato relegando tutta la questione a qualcosa di ludico e innocuo, innovativo ed anche economico. Ma neppure si fa prendere dal panico irresponsabile che provoca una sorta di astensionismo rispetto alla tappa storica che l’umanità sta vivendo e al contributo che ciascuno è chiamato a dare per rendere ogni evoluzione veramente favorevole all’uomo.
Pensando in modo particolare al campo educativo, questo “sano realismo” si potrebbe articolare in tre grandi atteggiamenti/attitudini, che mettono al centro l’uomo, la sua passione, e la necessità che sia lui a guidare le macchine, a dotarle di percorsi entro cui muoversi, e a utilizzarle per migliorare la propria esistenza. Macchine che, non va dimenticato, sono frutto esattamente dell’ingegno umano, e più sono sofisticate tanto più dimostrano un sofisticato livello intellettivo raggiunto dal loro stesso inventore e sviluppatore.
Per prima cosa bisognerebbe riscoprire ed esercitare il gusto per la conoscenza, e in ambiente educativo sembra quasi una tautologia, ma spesso – almeno in contesti come quelli che stiamo vivendo – non ci si accorge della “potenza” di questo approccio. Avere allora una cognizione esatta di ciò che ci sta accadendo, dell’evoluzione che stiamo vivendo, delle opportunità che ci vengono offerte, di come funzionano queste macchine innovative. Come influenzano le nostre giornate; come aiutano a sviluppare le nostre passioni; come mettono a rischio le nostre libertà, senz’altro, ma anche come favoriscono le relazioni e la nostra indole sociale. E ancora: come ci fanno crescere come uomini, intellettivamente, moralmente, nelle abilità; come migliorano il nostro tempo libero e ci possono rendere sostanzialmente più completi, integri, unici.
Comprese le dinamiche di questo “mondo”, il modo migliore per parteciparne dei progressi è quello di esercitare la creatività, che è molto spesso una virtù, capacità di creare esperienze di vita attraverso la fantasia, amalgamando idee, desideri, promesse, speranze. Di fronte all’Intelligenza Artificiale siamo chiamati a interrelazionarci con questo spirito creativo, traendo dalle tecnologie il meglio che ci migliora, l’utile che soddisfa i nostri bisogni, il massimo che aumenta i nostri benefici. Insomma, con la creatività possiamo esercitare le nostre qualità umane, il nostro intelletto naturale, sviluppare le nostre capacità per trovare soluzioni, per innovare, per essere davvero originali.
Infine, il terzo atteggiamento: la responsabilità. Non ci è permesso di essere passivi di fronte allo sviluppo tecnologico, ma abbiamo l’obbligo anche morale di metterci in gioco, di prendere l’iniziativa, e dirci con onestà ciò che serve e ciò che non serve per il nostro bene e per il nostro futuro. Responsabilità sarà anche, in ultima istanza, costruire macchine che possano spingersi non oltre un certo limite, perché oltre quel valico potrebbe esserci la distruzione dell’uomo. Senza pessimismo, ma con sano realismo e la persona al centro.
Portando questi tre atteggiamenti al campo educativo può non avere senso negare l’utilizzo delle sofisticate tecnologie ai nostri studenti; ha molto più senso invece imparare a comprendere e a far comprendere come funziona questa tecnologia (conoscenza); come possiamo utilizzarla per migliorare le nostre prestazioni, sia lato docente che studente (creatività), senza nascondere l’utilizzo che se n’è fatto, ottimizzando il tempo e migliorando le prestazioni (responsabilità).
Probabilmente bisognerà cambiare abitudini, sperimentare nuovi metodi didattici, nuove modalità di valutazione, ma non si potrà prescindere dall’affinare l’unica qualità che ci distingue veramente dalle macchine: sapersi porre domande, anche le domande ultime, e sapersi stupire delle risposte… che possono tanto venire dalle macchine ma in ultima istanza dall’universo intero. Siamo ciò che ci domandiamo.
Giovanni Tridente (*)
(*) Pontificia Università della Santa Croce – Autore di “Anima digitale. La Chiesa alla prova dell’Intelligenza Artificiale” (Tau editrice)