Il timore di chi lavora. Le paure dei lavoratori derivate dalla tecnodisuguaglianze
Una riflessione tra le righe dal Terzo Rapporto Censis-Eudaimon su Il welfare aziendale e la tecno-disuguaglianza attesa nel lavoro.
Il vero, forte, timore per un lavoratore è scoprire di non servire, di essere superfluo. È un grave rischio vedere scomparire alcuni compiti e alcune mansioni che prima venivano eseguiti e con loro venire messi da parte dal mondo della produzione.
Questo è quanto appare tra le righe dal Terzo Rapporto Censis-Eudaimon su Il welfare aziendale e la tecno-disuguaglianza attesa nel lavoro. Si legge che “l’85% dei lavoratori è spaventato dagli effetti che si attendono dalla rivoluzione tecnologica e digitale che sta arrivando e più spaventati sono gli operai e i lavoratori esecutivi”. Il cambiamento per tanti porterà la perdita di posti di lavoro, peggiorerà il clima aziendale.
Il rapporto segnala che si sta realizzando una frattura all’interno delle aziende: mentre la dirigenza guarda in maniera molto positiva le innovazioni operai e impiegati le percepiscono come un pericolo. Si sta, inoltre, concretizzando una previsione di alcuni studiosi, che ipotizzavano la polarizzazione del mondo del lavoro. Una parte al centro delle strategie di mercato, degli investimenti e della produzione avrebbe goduto dei cambiamenti, invece una seconda parte, nella quale avrebbe confluito la maggioranza dei ceti medi, sarebbe stata emarginata e avrebbe vissuto nella precarietà. Questa spaccatura si evidenzia in quella che viene chiamata la “tecnopolarizzazione dei salari”. La comparazione tra la crescita dei redditi delle persone occupate in settori ad alto sviluppo tecnologico e alto livello di conoscenza e delle persone impiegate in altri campi mostra una forte disuguaglianza: il salario medio dei primi cresce in dieci anni del 5,7% mentre per i secondi è praticamente fermo.
Tra le forme di intervento vengono sottolineate le forme di welfare aziendale che dovrebbero valutare i lavoratori più deboli attraverso il potenziamento della loro formazione. Rimane, però, il dubbio che le occasioni migliori saranno proposte dalle aziende più forti, quelle nei settori chiave per lo sviluppo tecnologico. Rimane invece difficile comprendere quali vie adottare per sostenere i lavoratori e le imprese più deboli. La riconversione tecnologica e l’industria 2.0 sicuramente saranno accompagnate da forti travagli. Non sarà sufficiente proporre dei semplici aggiornamenti, bisognerà richiedere alle persone, che generalmente svolgono mansioni ripetitive, con curricula studiorum semplici, un impegnativo cambiamento della propria professionalità. Questo richiede tanto tempo e tanta fatica. La sfida è molto grande.