Il tetto di cristallo per i migranti. Una riflessione sulla base dei dati Istat su migranti e naturalizzati
Cosa accade ai cittadini non italiani e a quanti hanno acquistato la cittadinanza italiana nel Paese?
Hanno fatto discutere le parole di Paola Egonu a San Remo. Il più forte martello della squadra azzurra di pallavolo ha sottolineato sul palco più seguito d’Italia che nel nostro paese è diffusa una cultura razzista. E questo fa male alle persone, anche alle persone di talento come lei. Qualcuno è subito corso ai ripari cercando di minimizzare la forza di quelle parole.
Sarebbe importante, invece, riflettere in modo critico e assumersi le proprie responsabilità, interrogandosi su cosa accade ai cittadini non italiani e a quanti hanno acquistato la cittadinanza italiana nel Paese. Qual è la loro condizione?
Nella riflessione può aiutare un rapporto Istat su “Stranieri e naturalizzati nel mercato del lavoro italiano”. Ci accorgiamo innanzitutto che il mondo del lavoro italiano è sempre più multietnico. L’11,2% della popolazione over 15 anni in Italia non ha ricevuto la cittadinanza del paese per nascita. La maggioranza di loro (l’8,9%) è in possesso di un’altra cittadinanza, mentre il rimanente (2,3%) ha acquisito quella italiana. I primi in totale sono circa 4 milioni di persone tra i quali quasi il 25% rumeni, il 9,1% albanesi l’8,8% marocchini, e poi via via si incontrano le più svariate nazionalità ucraini, cinesi, indiani. Ovviamente i numeri maggiori di naturalizzati si incontrano tra le comunità di radicamento storico (marocchini, albanesi).
La loro presenza nel mondo del lavoro è molto alta, anche dopo la flessione dovuta al lockdown che ha colpito soprattutto le occupazioni più precarie (quelle dove questo gruppo di persone è più impiegato) il livello è molto simile a quello degli italiani (57,8% contro 58,4%). Un dato che sconta il grosso contraccolpo dovuto all’instabilità lavorativa pagata dalle badanti. Sono infatti le donne che hanno pagato lo scotto maggiore: attualmente è impiegato solo il 45,5% contro il 50% delle italiane. Tra gli uomini, invece, l’occupazione migrante è già tornata ad essere più alta: 71,7% contro il 66,6% degli italiani.
Allora dove si colloca il tetto di cristallo? Quella superficie invisibile che non permette di superare alcuni limiti?
Lo si può trovare ad esempio sul livello di istruzione, che ci aiuta a immaginare la qualità del lavoro svolto dalle persone. Ad esempio possedere una laurea, infatti, è un vantaggio per gli italiani, tra quelli che hanno conseguito un titolo terziario hanno un livello di occupazione doppio rispetto ai connazionali che si sono fermati al titolo di studi secondario inferiore. La differenza invece è di appena 9 punti percentuali tra i cittadini non italiani o tra i naturalizzati. Gli immigrati a prescindere dalle loro competenze spesso rimangono confinati dentro alcune tipologie occupazionali, con conseguente dispersione di saperi oltre tutto. Allora diventa ancora un’eccezione l’esperienza – che molto dovrebbe insegnarci – di Paola Egonu, purtroppo.