Il dono reciproco. L'uomo-persona diventa dono nella libertà dell'amore
La sessualità subisce da sempre l'aggressione del "do ut des" mentre il disegno originario affida agli sposi la vocazione a donarsi in modo incondizionato.
[…] Il corpo umano, con il suo sesso, e la sua mascolinità e femminilità, visto nel mistero stesso della creazione, è non soltanto sorgente di fecondità e procreazione, come in tutto l’ordine naturale, ma racchiude fin “dal principio” l’attributo “sponsale”, cioè la capacità di esprimere l’amore: quell’amore appunto nel quale l’uomo-persona diventa dono e – mediante questo dono – attua il senso stesso del suo essere ed esistere.
Giovanni Paolo II, udienza di mercoledì 16 gennaio 1980
Impossibile ripercorrere nel dettaglio tutta la complessità delle udienze-lezioni di Giovanni Paolo II, eppure scegliamo un passo da un altro “capitolo” del primo ciclo sull’In principio, ovvero l’udienza del 16 gennaio 1980 dal titolo “L’uomo-persona diventa dono nella libertà dell’amore”. Il Papa intende esplicitare il significato più pieno dell’aggettivo “sponsale”. Con esso si riferisce alla capacità del corpo di esprimere l’amore anche oltre la dimensione procreativa.
La comunione dei corpi è elemento intrinseco al matrimonio, lo contraddistingue, ne è parte integrante ma lo è nella misura in cui i coniugi riescono a relazionarsi l’un l’altro liberandosi dalla tentazione del possesso. Quell’egoismo che deriva dal peccato originale ma che non era “in principio”. Dalla caduta dei progenitori è sempre in agguato anche nell’intimità uno scambio in cui a prevalere sono egoismi speculari mal celati dietro il principio della reciprocità.
La sessualità subisce da sempre l’aggressione del “do ut des” mentre il disegno originario affida agli sposi la vocazione a donarsi in modo incondizionato. Lui dono per lei, lei dono per lui, entrambi votati a valorizzare in pienezza l’altro cosicché l’uomo sia sempre più uomo e la donna sempre più donna. La corporeità, nel disegno della Creazione, si nutre di questa dimensione sponsale ed è per questo che l’unione sessuale si dà solo nel contesto del patto matrimoniale.
Gli sposi si rispecchiano in questo disegno e vivono in pienezza la loro vocazione donandosi vicendevolmente.
Un cammino laborioso, fatto di pazienza e di ascolto, quasi un’arte che necessità di artisti cesellatori, disposti a mettersi in discussione e ricominciare ogni volta. Questo donarsi è già di per sé fecondo, prima della procreatività ad esso connesso. Ed è questo il motivo per cui il matrimonio è valido, anche qualora non arrivassero i figli.
Un tema importante che intesse la vita dei coniugi in tutte le stagioni della vita. Sia nei primi anni contrassegnati dalla passione che talvolta necessita di essere domata, sia dopo l’arrivo dei figli, sia nell’età avanzata, in cui la tenerezza gioca un ruolo importante nella trasformazione del rapporto fra gli sposi. Sempre a loro è chiesto di dar prova di sapersi donare reciprocamente in modo unico ed esclusivo, declinando così la comune vocazione all’amore a cui sono chiamati tutti i cristiani a prescindere dal loro stato di vita.
L’auspicio è che questi argomenti vengano ampiamente trattati nei corsi prematrimoniali, in particolare quelli di preparazione remota. È bene che i fidanzati crescano nella consapevolezza che la dimensione sessuale non è un’opzione neutra che si unisce automaticamente in virtù dell’attrazione. La sessualità come dono subisce continuamente l’aggressione di logiche edonistiche e consumistiche che ne svuotano il significato. Lungi da un puritanesimo d’altri tempi, anche a chi si approssima al matrimonio, oggi, magari anche dopo anni di convivenza, si può annunciare una notizia antica e sempre nuova che valorizzi i corpi e il loro essere fatti per donarsi.