Il cielo sopra la Cina. A volte è necessario uscire dalla cronaca per capire la realtà
Oggi l’intuizione di Matteo Ricci, che cambiò il metodo missionario incrinato dalla cultura coloniale, è da coltivare perché indica la strada verso un futuro di pace e di giustizia.
In un tempo in cui perplessità, sospetti e accuse circondano la Cina per l’espandersi del contagio da coronavirus potrebbe apparire del tutto fuori luogo accennare alla storia di questo immenso Paese. Quando si esce dal torrente della cronaca il rischio è di trovarsi sulla riva a battere l’aria. Ma può anche accadere che l’accostarsi al passato di un popolo eviti il pregiudizio e, soprattutto, stimoli il desiderio di conoscere una cultura, una storia, una geografia, una filosofia di vita.
Questa conoscenza è preziosa, evita di cadere in luoghi comuni, in superficialità e in sentenze sommarie soprattutto a fronte di eventi tragici che escono dai confini territoriali come è nel caso di Covid 19.
Della Cina si parla e si scrive quasi esclusivamente come potenza economica da temere.
Poco si conosce della storia di un popolo, una storia affascinante per le ricchezze umanistiche, filosofiche e artistiche e per quelle tecniche e scientifiche.
Marco Polo ha lasciato con il Milione un documento importante e altri libri sono fonti preziose di conoscenza.
Numerosi sono stati i testimoni diretti della grandezza cinese, non pochi i missionari italiani e tra questi il gesuita Matteo Ricci che giunse in Cina alla fine ‘500 e vi rimase fino alla morte avvenuta l’11 maggio 1610.
La sua tomba, accanto a quelle di altri missionari, è in un cimitero alle porte di Pechino.
Originario di Macerata comprese che occorreva farsi cinese per essere accolto dai cinesi.
Il suo nome divenne Li Madou e scelse la via della scienza per far nascere domande su Gesù Cristo.
Consapevole del suo compito non aveva fretta di convertire.
A chi a Roma gli chiedeva quanti fossero i cinesi diventati cattolici rispondeva di non saperlo con esattezza ma sapeva che molti, incontrandolo, si ponevano la domanda su chi ci fosse oltre il cielo.
Oggi l’intuizione di Matteo Ricci, che cambiò il metodo missionario incrinato dalla cultura coloniale, è da coltivare perché indica la strada verso un futuro di pace e di giustizia.
Ciò non significa negare le infinite persecuzioni contro i cristiani avvenute in tutte le dinastie e nei successivi regimi totalitari, non significa tacere l’arroganza di un potere che ancora pretende una Chiesa cattolica a propria immagine spaccando in due una comunità. Significa però, nel tempo del coronavirus, cogliere il desiderio di rispondere alla domanda emersa nei colloqui con Matteo Ricci: “Chi c’è oltre il cielo?”.
Forse queste righe sono fuori luogo, forse possono dire che la Cina merita un approccio diverso da quello praticato e proposto dai poteri politici ed economici.