Il Governo alla prova del Pnrr
La decisione su come impiegare le risorse pubbliche, a quali scopi e a quali soggetti destinarle, è sicuramente un parametro fondamentale per esprimere un giudizio motivato sui governanti e sui legislatori.
La vicenda dei finanziamenti del Pnrr ha portato in evidenza non soltanto il problema della capacità di spesa – è l’aspetto più macroscopico e di cui più si discute – ma anche la rilevanza cruciale che assumono la scelte relative alla distribuzione delle risorse. La politica è attività molto complessa e non riducibile a un solo aspetto per quanto importante, ma la decisione su come impiegare le risorse pubbliche, a quali scopi e a quali soggetti destinarle, è sicuramente un parametro fondamentale per esprimere un giudizio motivato sui governanti e sui legislatori. Del resto, per quanto possano essere ampie, tali risorse non sono mai illimitate a dispetto di quanto autocrazie e populismi possano lasciar intendere, infliggendo ai rispettivi Paesi danni gravissimi e talvolta irrimediabili. Quindi si impongono delle scelte. E si tratta sempre di scelte di responsabilità politica, anche se compiute in base ad analisi tecniche o scientifiche.
Certo, in questa fase il nostro Paese – che è ben allenato a muoversi in un contesto di risorse limitate – si trova in una situazione paradossale. E non ci sarebbe da meravigliarsi se molti cittadini vivessero con disorientamento un dibattito in cui c’è chi sostiene, anche con argomenti tutt’altro che disprezzabili, che dall’Europa “rischiamo” di ricevere troppi soldi. Qui il problema già accennato della capacità di spesa si intreccia con il discorso sull’allocazione delle risorse tra i diversi ambiti e progetti. Si torna sempre a questo punto, la politica non può pensare di eludere questa valutazione che le è connaturata. Nel caso del Pnrr bisogna poi tenere conto degli accordi presi con chi eroga quei cospicui prestiti e finanziamenti e dei vincoli di destinazione che quegli accordi prevedono. La Ue per la prima volta ha finanziato gli aiuti agli Stati facendo debito comune e non possiamo pensare di far quadrare il nostro bilancio statale con i fondi reperiti per sostenere la ricostruzione e la ripresa dopo lo tsunami della pandemia.
Così, su questo versante più interno, ci troviamo ancora una volta a confrontarci con margini di movimento assai contenuti, atteso che il nostro Paese ha già di suo un debito pubblico tra i più elevati. Il Documento di economia e finanza recentemente approvato dal governo indica per quest’anno e per il prossimo spazi di deficit fra i 3 e i 4 miliardi. Veramente troppo poco rispetto alle iniziative annunciate dall’esecutivo. Sperando in un buon andamento dell’economia si può ipotizzare che in autunno la legge di bilancio possa disegnare una manovra più ampia (si è parlato di una ventina di miliardi). Ma occorrerà sempre fare delle scelte e da esse dipenderà l’efficacia delle misure adottate. Anche la migliore delle iniziative, quella meglio orientata e motivata, deve fare i conti con il problema delle risorse. Un caso esemplare in questo senso è quello dell’assegno unico per i figli a cui manca proprio un’ulteriore iniezione di fondi per dispiegare i suoi effetti in maniera decisiva.