I più poveri tra i poveri. Una nota a partire dai dati del censimento Istat sulle persone senza fissa dimora
Sono persone altamente fragili e vulnerabili che vivono al margine della società.
Per la prima volta l’Istat nel censimento della popolazione italiana ha provato a misurare il numero delle persone senza fissa dimora.
La parte più povera della popolazione. I dati sono da prendere con le molle se volessimo dare una rappresentazione precisa del fenomeno, perché le persone senza fissa dimora sono difficili da intercettare. Tuttavia i risultati ci offrono alcune indicazioni su come si caratterizza il fenomeno. È, comunque, un passo importante per costruire progetti e interventi di sostegno a queste persone che a volte rifiutano di essere aiutate. Sono quasi 100mila (96197) quelli iscritti all’anagrafe, per la maggior parte maschi. Il 38% di loro ha una cittadinanza non italiana. Anche se la loro presenza è diffusa su tutto il territorio italiano (Sono presenti in (2198 comuni italiani) quasi la metà si incontrano in 5 grandi comuni: Roma, Milano, Napoli, Torino, Genova e Foggia.
Sono persone altamente fragili e vulnerabili che vivono al margine della società: sebbene a volte, quando le incontriamo lungo le strade delle nostre vie o piazze siano uno scandalo sul quale inciampiamo nel dubbio di lasciar loro o meno la monetina che chiedono e sebbene alcune volte ci mettano timore e altre volte ancora tendiamo a nasconderle ai nostri occhi nella nostra ipocrisia, loro sono persone fortemente esposte a tantissimi rischi: sono esposte al freddo delle intemperie, alla possibilità di subire violenza o a quella di essere derubate. Spesso sole e senza un riparo sicuro, queste persone vivono uno stato di disagio complesso che unisce spesso povertà materiale e spirituale. Il loro non è soltanto un problema economico, ci sono problemi affettivi, relazionali che le colpiscono.
Allora, anche le proposte di aiuto dovrebbero essere complesse e soprattutto non dovrebbero risolversi con la semplice risposta di un riparo sulla testa nei giorni di gran freddo. Bisognerebbe tessere una rete di aiuto che parte dall’ascolto e dalla creazione di percorsi personalizzati che possano fissare gli obiettivi possibili, ma soprattutto siano in grado di tessere una rete di relazione capace di prendersi cura e rispettare le complesse realtà e senza trascurare le travagliate biografie personali, perché l’assistenza parte dalla concretezza della vita di ognuno.
Perciò alle tradizionali mense e ai dormitori si dovrebbero gettare le basi per progetti innovativi che guardano il tema degli homeless a tutto tondo, perché la povertà quando corrode la dignità non è uno strumento di salvezza.