Gli impatti del Coronavirus per l’economia: la recessione è alle porte
Nella migliore delle ipotesi il Pil italiano di fine anno crescerà dello 0,4% (rispetto allo 0,6 stimato a inizio anno da Banca d’Italia) e un’economia debole non aiuterà a comprimere il debito pubblico. Le Borse avevano corso molto, chi aveva guadagnato vende. Gli investitori stanno immaginando conti aziendali più deboli per le società quotate. Un calo generalizzato con appesantimenti per quelle rivolte all’export cinese, del turismo e fieristico. Soffriranno piccole e medie imprese, artigiane e la rete del commercio diffuso. Se tutto si risolverà entro breve potrà essere limitata la perdita di occupazione. Che comunque ci sarà, come segnalano le associazioni di categoria più coinvolte
La salute delle persone prima di tutto. In gioco c’è la diffusione di un virus poco conosciuto e combattuto, quindi letale per i soggetti già deboli. Se c’è una lezione di questi giorni è che un mondo di sicurezze e di relazioni, non solo economiche, può spezzarsi improvvisamente. L’interscambio di persone e culture, prima delle merci, è un grande valore per nulla scontato. Le frontiere possono alzarsi per diverse ragioni, anche sanitarie. La rapidità degli eventi può essere impressionante, come vediamo in queste ore.
Certo, poi ci sono gli aspetti economici che sono pure importanti perché ne discende la quantità di lavoro, lo scambio di esperienze professionali che lo migliorano e prodotti che si evolvono in una concorrenza sana.
Poche volte abbiamo assistito a una “gelata” così rapida.
Possiamo ricordare l’attacco alle Torri Gemelle (2001) e l’epidemia Sars (2003 mentre la Mers nel 2012 è stata dimenticata) quando però l’interscambio con Pechino era molto più limitato. I cinesi erano forti ma non fortissimi, spendevano meno in prodotti esteri e il loro viaggiare, per turismo o per lavoro, era meno determinante. Proporzionalmente in meno di 20 anni il loro peso economico è cresciuto di dieci volte.
L’economia cinese era già in rallentamento, il Coronavirus può portarla a percentuali di crescita europee. L’Europa, che è quasi ferma, non aveva proprio bisogno. L’Italia è sotto tiro ma giorno dopo giorno si capisce che è un problema continentale se non globale.
Per questo tocca alle guide europee trovare una risposta. La Bce (Banca centrale europea) “sta monitorando l’epidemia di coronavirus molto attentamente”, ma questa non è ancora arrivata al punto di poter avere un impatto duraturo sull’inflazione e quindi richiedere una risposta da parte della politica monetaria, ha detto la presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde. La banca centrale deve determinare se il coronavirus causerà uno shock economico duraturo e ad oggi “non siamo ancora a questo punto”.
E’ probabile che la banca centrale concederà ancora molta liquidità alle imprese che potranno indebitarsi per pagare stipendi, i costi fissi di una produzione con il motore al minimo e proseguire gli investimenti. La Ue sembra più avanti e promette entro un mese interventi con fondi europei a cominciare dai settori più colpiti e dalle aree in ginocchio. L’Italia, forte esportatrice e protagonista del turismo, è molto esposta.
E poi vuole mettere sul piatto lo stimolo dei maxinvestimenti pubblici del Green Deal (mille miliardi in 10 anni) per riportare produzioni nel Vecchio Continente e aumentare i consumi interni. Ci sarà tolleranza sui conti pubblici.
Cosa possiamo attenderci nei grandi numeri fondamentali? Sicuramente di entrare in recessione (due trimestri negativi consecutivi) nel primo quarto del 2020, visto che al negativo -0,3% dell’ultimo trimestre 2019 si aggiungerà a fine marzo – secondo le stime – un ulteriore calo del Pil (Prodotto interno lordo, la ricchezza prodotta in un Paese) dello 0,3 percento. Sarà una recessione nazionale, forse europea o anche internazionale.
Nella migliore delle ipotesi il Pil italiano di fine anno crescerà dello 0,4% (rispetto allo 0,6 stimato a inizio anno da Banca d’Italia) e un’economia debole non aiuterà a comprimere il debito pubblico. Le Borse avevano corso molto, chi aveva guadagnato vende. Gli investitori stanno immaginando conti aziendali più deboli per le società quotate. Un calo generalizzato con appesantimenti per quelle rivolte all’export cinese, del turismo e fieristico. Soffriranno piccole e medie imprese, artigiane e la rete del commercio diffuso. Se tutto si risolverà entro breve potrà essere limitata la perdita di occupazione. Che comunque ci sarà, come segnalano le associazioni di categoria più coinvolte.