Gli adolescenti e la libertà. Il difficile rapporto tra ragazzi, genitori e scuola in un libro dello psicoterapeuta Alberto Rossetti
La tesi del lavoro di Rossetti è che la libertà sia un passaggio essenziale, perché mette in condizione il giovane di sperimentare i rischi e i vantaggi dei desideri e delle proprie scelte
I danni di una educazione oppressiva, quando non direttamente legata alla violenza, o di una cappa di attenzione constante, apparentemente attenta ai problemi dei figli, ma troppo avvolgente, oltre che quelli della trasformazione della scuola in una gara senza scampo per i perdenti, sono messi in evidenza dallo psicoterapeuta Alberto Rossetti in “Viva la libertà. Gli adolescenti hanno bisogno di farne esperienza” (San Paolo, 188 pagine, 18 euro). Non solo nella famiglia, ma anche nello sport -l’autore è un esperto di psicologia in ambiente sportivo-, dove la pressione del dover primeggiare in età anche pre-adolescenziale può creare l’effetto opposto dell’abbandono e del sospetto di inutilità.
Le regole sono importanti, a patto che si permetta al ragazzo di esprimere se stesso e di continuare la costruzione della propria singolarità in una realtà in cui la socializzazione è stata messa a durissima prova dalla segregazione durante l’epidemia Covid: molti adulti non se ne sono resi perfettamente conto, ma i mesi di segregazione totale e quindi anche lontananza dalle scuole, hanno accentuato e anche creato disagi tra gli studenti che si sono trovati a dover affrontare la solitudine più estrema, senza più la possibilità di interagire fisicamente con il mondo intero, e soprattutto con compagni di scuola e amici. Una cappa di silenzio è scesa su tutti: ma mentre gli adulti si sono riparati con lo scudo della consapevolezza, degli affetti familiari -quando erano presenti- delle amicizie consolidate e trasformate pro tempore in virtuali, i giovanissimi, privi di elaborazione del pericolo e della solitudine, si sono trovati di fronte all’assenza di relazioni. Una assenza certamente attenuata dai media, dallo smartphone e dai tablet, ma di sicuro molto più lacerante di quanto abbia potuto fare nel mondo adulto.
La tesi del lavoro di Rossetti è che la libertà sia un passaggio essenziale, perché mette in condizione il giovane di sperimentare i rischi e i vantaggi dei desideri e delle proprie scelte: questo non vuol dire che il genitore debba essere assente, ma neanche ostacolare ogni volontà di scelta dei figli con il pretesto della giovane età.
Questo ci spinge a tornare al grande tema della scuola: l’autore attacca il registro elettronico come forma di eccessivo controllo che passa oltre lo studente, in quanto i genitori, talvolta, vengono a conoscenza di un voto prima del ragazzo stesso. Ma la questione è molto più complessa, e investe tutto il mondo della scuola sottoposto ad una progressiva ma evidente burocratizzazione che sta cancellando elementi prioritari come i tempi di apprendimento individuale, attraverso programmi formattati e sottoposti a stringenti vincoli temporali, con la conseguente fretta di dover comprimere tutto l’universo umano in una bolla indifferente alle necessità dei singoli.
Ansia e depressione sono solo alcuni dei segnali di un cambiamento all’interno di un mondo in cui invece pazienza, comprensione, abolizione dell’ossessività oraria dovrebbero regnare sovrane. E fa bene Rossetti a ricordare che il suicidio è in Europa la seconda causa di morte per gli adolescenti dopo gli incidenti stradali. Ed anche quando fa rimarcare come il fiorire di sigle come Bes (Bisogni Educativi Speciali) ed altro sia in realtà una costrizione rispetto ad un ventaglio di sensibilità giovanili che andrebbero affrontate come sintomi che “fanno parte della vita di tutti noi”.
Un libro che non rappresenta una liberatoria indiscriminata ma che anzi pone l’adulto di fronte alla responsabilità di saper dire dei no e che però li motivi e permetta ai giovani di poter fare esperienza di un mondo che non va teorizzato, ma conosciuto in tutti i suoi rischi. Ed anche nella sua bellezza.