Gioventù violenta
Il fattore più pesante in queste situazioni è comunque l’assenza della famiglia che, nei casi peggiori, si trasforma perfino in connivenza
Nelle ultime settimane si sono registrati numerosi casi di violenza e aggressioni fra minori.
In diverse province le baby-gang stanno diventando una vera e propria piaga. Gli episodi più recenti riguardano Milano, Torino, Ferrara, Parma, Roma e Napoli e in alcuni di essi sono coinvolti anche ragazzini di appena undici anni.
In aumento anche le risse tra adolescenti, soprattutto durante le ore notturne, nei pressi dei locali frequentati dai giovani, spesso a causa di serate consumate all’insegna dell’eccesso e dell’abuso di alcol e sostanze. A volte capita che le risse finiscano, purtroppo, in accoltellamenti.
A quanto pare neppure la scuola è più un luogo sicuro, qualche giorno fa un quindicenne al termine delle lezioni, nei pressi dell’istituto di appartenenza, è stato ridotto in fin di vita da un compagno armato di coltello da cucina.
La violenza ha diverse forme e queste sono le più evidenti. Ma non sono da trascurare tutte quelle azioni, spesso sommerse, che vanno dalla violenza psichica a quella verbale, spesso radici del diffuso fenomeno del bullismo e cyberbullismo.
Le manifestazioni di violenza stanno dunque aumentando tra i minori?
I dati della Direzione centrale della Polizia criminale indicano un lieve incremento degli omicidi commessi da minorenni nell’ultimo triennio. Sono in crescita le violenze sessuali e in generale è incrementato di oltre il 14% il numero dei minori denunciati o arrestati, confrontando i dati con il periodo precedente la pandemia. C’è da precisare, però, che prima, nel 2007, gli omicidi commessi dai minori erano quasi il doppio, secondo le fonti Istat. Sembrerebbe, quindi, che rispetto ai dati non troppo allarmanti del decennio che ci lasciamo alle spalle si manifesti una preoccupante inversione di tendenza.
I reati più recenti appaiono, inoltre, più insensati rispetto al passato: è difficile decifrarne le motivazioni e sembrano generati da un forte generale disorientamento. Alla base non ci sono motivazioni ideologiche e neppure sono espressione della malavita organizzata. A incidere fortemente su queste nuove dinamiche sono anche i social, dove le aggressioni vengono spesso filmate, spettacolarizzate e maturano al confine di una collettiva percezione alterata della realtà. C’è poi da sottolineare come la violenza sia costantemente sullo sfondo della nostra quotidianità: pervade le notizie di cronaca, i videogiochi, la politica, le tifoserie, le chat e persino la musica.
A seguito del femminicidio della giovane Giulia Cecchettin, si è tornati a parlare del sessismo estremo e violento di alcuni testi di canzoni trap. C’è una grande ambivalenza in questo genere di musica, dove spesso oltre a preoccupanti derive sessiste, troviamo incoraggiamenti a comportamenti marginali, spesso anche criminali. La trasgressione esasperata esercita un forte appeal sulle giovani generazioni. In alcuni testi l’esaltazione del male e un certo nichilismo autodistruttivo divengono quasi pilastri di una nuova “religione” metropolitana.
Certamente alla radice dei comportamenti aggressivi e violenti ci sono fattori più profondi che vanno al di là del condizionamento della musica e delle tendenze social, come la carenza o problematicità dell’attività educativa dei genitori (negligenza, omissione di sorveglianza, abusi o violenze in famiglia); l’assenza di centri di aggregazione destinati ai giovani nelle attività del tempo libero; il basso livello d’istruzione e la forte tendenza all’abbandono dei percorsi scolastici; l’appartenenza ad ambienti degradati e fortemente deprivati.
Il fattore più pesante, però, in queste situazioni è comunque l’assenza della famiglia che, nei casi peggiori, si trasforma perfino in connivenza. Se manca la guida, se non ci sono regole, ma soprattutto se latita l’educazione all’etica e al sano discernimento di ciò che è bene e ciò che non lo è, si giunge inevitabilmente a maturare condotte antisociali e pericolose per sé e per gli altri.
Anche la scuola può offrire il proprio contributo nell’educazione dei giovani, ma senza il sostegno genitoriale qualsiasi iniziativa rischia di divenire fallimentare.