Dov’è che vai? La richiesta dell'uscita serale mette in moto una serie di spinosi interrogativi
Al momento di uscire i due mondi paralleli degli adulti e degli adolescenti, tornano a misurarsi e a parametrare decisioni e orientamenti su indicatori completamente opposti.
La gestione del tempo libero degli adolescenti è una delle più impegnative prove genitoriali, soprattutto quando riguarda uscite che interessano le fasce orarie serali.
A un certo punto i ragazzi iniziano a chiedere di uscire la sera con grande iniziale sconcerto di mamma e papà. La richiesta dell’uscita serale mette in moto una serie di spinosi interrogativi.
Uscire per andare “dove”? E rientrare “a che ora”? E “come” rientrare? Ma soprattutto per ricrearsi con “quale” tipo di attività?
Non ultimo, l’insidioso problema dell’ “outfit”, tema soprattutto femminile. Il guardaroba delle adolescenti può mettere davvero in crisi intere famiglie, soprattutto perché tra l’era botticelliana degli abitini di organza con fiorellini ricamati e volant dai colori pastello e quella luciferina dei tubini dalle profonde scollature in latex total black e gli inserti animalier il passo è davvero troppo, troppo breve, per meglio dire “traumatico”.
La capacità di arginare le stravaganze modaiole delle adolescenti sarà inversamente proporzionale all’equilibrio che i genitori riusciranno a guadagnare nelle estenuanti trattative che precedono l’uscita serale. C’è da prepararsi a fondo, perché soprattutto le femmine sono fortemente esposte alla tentazione degli abiti loliteschi e ad altre inquietanti bizzarrie.
Ma dove vanno (o perlomeno, dove vorrebbero andare) gli adolescenti la sera? In genere, alcuni dei più grandi fra di loro, quelli che hanno già sviluppato il “senso del business”, vanno “spacciando” all’interno degli stessi edifici scolastici inviti per eventi organizzati in locali e discoteche. A prescindere dalle naturali perplessità sull’opportunità di assecondare le richieste dei propri figli, questi eventi suscitano negli adulti molte preoccupazioni anche di natura pratica. Chi sono gli organizzatori? Il locale avrà una capienza adeguata al numero dei partecipanti? Le misure di sicurezza saranno rispettate? E’ chiaro che queste domande sono totalmente estranee all’universo cognitivo dei teen ager, che dopo aver ottenuto il consenso a partecipare alla “festa” si preoccuperanno quasi esclusivamente dell’abito da indossare, o di come acconciare frange e ciuffi, infine degli amici che potranno incontrare nel corso della kermesse.
I due mondi paralleli, quello degli adulti e quello degli adolescenti, tornano a misurarsi e a parametrare decisioni e orientamenti su indicatori completamente opposti.
A un certo punto della vita dei nostri figli, poi, iniziano ad arrivare gli inviti per i “diciottesimi”, oggi diventati veri e propri fenomeni di costume. Un diciottesimo nel XXI secolo è paragonabile quasi a un matrimonio del secolo precedente. Si sceglie con cura la location, si organizza il buffet, si fanno studi approfonditi sul look, si arruolano fotografi professionisti pronti a immortalare l’evento e a realizzare anche l’immancabile “prediciottesimo”, un filmato di alcuni minuti con le immagini salienti degli anni da 0 a 18 del festeggiato, il tutto condito da alcune pose assolutamente improbabili e patinate. Segue poi l’accurato elenco dei partecipanti, la scelta di un dj professionista, l’acquisto di un piccolo cadeau per gli invitati e lo studio di eventuali sorprese da realizzare nel corso della serata.
Perlomeno il diciottesimo è un evento “artigianale” e, in quanto tale, più rassicurante per i genitori degli invitati che nutriranno meno preoccupazioni sulla presenza di eventuali “pericoli”. Il rovescio della medaglia è però il consistente esborso che i genitori del festeggiato si troveranno ad affrontare. I costi dei diciottesimi sono piuttosto elevati, ma per fortuna “rateizzabili”.
Insomma, è tanto difficile oggi uscire indenni dall’adolescenza dei propri figli e riuscire a evitare nel frattempo la bancarotta.
All’inizio dell’avventura genitoriale il problema principale sembrava essere “il parto”. A pensarci ora viene da sorridere. Quante altre volte i genitori sono chiamati a “partorire” decisioni dopo lunghe, lunghissime ore di doloroso travaglio e il tutto senza adeguati corsi di preparazione?