Cristiani, siate lievito in politica. Don Bruno Bignami, Cei: «Le vocazioni alla politica frutto di processi storici»

Don Bruno Bignami, direttore Ufficio Cei per i problemi sociali e il lavoro: «Le vocazioni alla politica non nascono a tavolino o in un incubatore artificiale. Sono frutto di processi storici»

Cristiani, siate lievito in politica. Don Bruno Bignami, Cei: «Le vocazioni alla politica frutto di processi storici»

Incertezze, paure e tensioni nell’orizzonte geopolitico. E dunque, proprio per questo, è tempo di “dare un’anima alla politica”. Don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio per i problemi sociali e il lavoro della Cei sarà a Padova martedì 19 novembre, alle 20.30, nella biblioteca del Centro F. Franceschi, per presentare, in dialogo con il giornalista Manuel Trevisan, il suo libro Dare un’anima alla politica e ascoltare le testimonianze di un patto di collaborazione del Comune di Padova e del consiglio comunale dei ragazzi di Villanova di Camposampiero, entrambe esperienze che richiamano le conclusioni della Settimana sociale dei cattolici in Italia, a Trieste nel luglio scorso. Mercoledì 20 novembre, don Bignami sarà poi a Villa Immacolata per una giornata di formazione per i preti promosso dall’Istituto San Luca.

I risultati delle elezioni americane – ma anche l’avanzata dei sovranismi e dei populismi in Europa – più che un campanello d’allarme, sono il consolidamento di un trend iniziato molto tempo fa, in cui incidono molti fattori. Cosa ci dobbiamo aspettare?
«Non ho la sfera di cristallo e non amo fare troppe previsioni, anche per la semplice ragione che sempre di più la politica ci ha abituati a bluffare. Abbiamo visto in passato campagne elettorali senza esclusioni di colpi e poi alla prova della responsabilità le stesse persone si sono viste costrette a mediare e a scendere a patti. Certo, se Trump dovesse fare tutto quello che ha promesso, ci sarebbe di che preoccuparsi. Basterebbe citare il tema della scelta di rimanere attaccato al fossile in un tempo di gravi cambiamenti climatici. Diciamo che le elezioni americane confermano l’analisi di un saggio come Michael Sandel, che parla di “democrazia stanca”. Maltrattata com’è, sembra in agonia e sostituita da oligarchie, autocrazie, dittature camuffate…».

A inizio luglio i cattolici nella Settimana sociale hanno dato un forte segnale di voglia di partecipazione, di farsi presenti e di rispondere alle tante domande che non trovano risposte nell’attuale offerta politica. A che punto è quel cammino?
«Le ultime Settimane sociali si presentano più come un processo che come un evento. Basti pensare a quello che è accaduto a Taranto nell’ottobre 2021, dove ci si è impegnati a lavorare sulle comunità energetiche rinnovabili. Il percorso è ancora aperto oggi e ha importanti prospettive future. Così ci si augura dopo Trieste. I metodi di lavoro sperimentati possono essere acquisiti nelle Diocesi. Uno dei temi su cui concentreremo l’attenzione è la formazione sociopolitica dei giovani. A questo argomento dedicheremo il seminario di pastorale sociale di metà marzo a Salsomaggiore, Parma».

Nel suo libro Dare un’anima alla politica risuona l’attualità della Dottrina sociale della Chiesa, specie nella categoria della fraternità e della progettazione del bene comune attraverso la lente della fede. Ma alla politica sembra mancare la speranza, al centro del prossimo Giubileo…
«Di per sé la Dottrina sociale della Chiesa è fonte di speranza. Rappresenta uno stimolo fecondo a non rassegnarsi, ma a seminare nella vita sociale il bene concretamente possibile. I cristiani devono imparare ad essere nella politica come il lievito nel pane. Come non riconoscere che le ultime due encicliche sociali della Chiesa rappresentano una riserva di speranza nel mondo odierno? Prenderci cura del creato in un tempo in cui l’ambiente è spremuto come un limone e i cambiamenti climatici lasciano strascichi e ferite drammatiche sui territori è un seme di futuro. La fraternità, infine, contribuisce a riscrivere le relazioni umane come servizio e non come dominio. Una bella sfida».

Perché oggi non si trovano – o non emergono più – le Tina Anselmi e i David Sassoli – che lei presenta nel suo libro?
«Le vocazioni alla politica non nascono a tavolino o in un incubatore artificiale. Sono frutto di processi storici. Le figure che ho presentato sono segni di speranza, perché ci mostrano che è possibile coniugare fede e impegno sociale, spiritualità e politica. Non siamo all’anno zero. La cosa importante è che la lista di personaggi significativi potrebbe allungarsi a dismisura. Ognuno di noi ha incontrato persone che hanno vissuto il servizio amministrativo o politico con dedizione assoluta. Perciò si tratta di favorire gli incontri tra le persone che frequentano percorsi di formazione nelle diocesi e che intendono dare un’anima alla politica. Occorre offrire un contributo di solidarietà e impegno al servizio di chi non ha voce».

Cosa possono fare i preti – già oberati di incarichi e responsabilità – su questo fronte?
«L’errore che potremmo commettere è quello di pensare che la pastorale deve fare di più, aumentare incontri, moltiplicare attività, aggiungere iniziative. Si tratta invece di far diventare la Dottrina sociale della Chiesa parte integrante dell’annuncio cristiano, all’interno della predicazione, dei percorsi catechistici e delle azioni pastorali che già si praticano».

Autonomia differenziata, riforme, Europa… tanta confusione sotto il sole.
«Ogni tema meriterebbe di essere affrontato in modo approfondito con competenze anche economiche e giuridiche. Tutto questo un cristiano medio lo comprende e sa di non potere affrontare con superficialità questioni molto serie. Il problema è un altro: oggi la politica si serve di questi temi per marcare i confini, per farne battaglie identitarie. Spesso le competenze mancano e si usano gli argomenti come bandiere ideologiche. Come liberarci di tanta superficialità?».

Un motivo per essere preoccupati e un motivo invece per coltivare la speranza.
«La preoccupazione principale oggi è che tutto viene affrontato in termini conflittuali. Si è sempre contro qualcuno. Ci si allena a contrapporsi e mai a convergere. Le conseguenze sono nell’incapacità di fare riforme condivise. Il motivo di speranza per noi credenti è molto forte. Lo Spirito Santo non abbandona la vita dei credenti e soffia più che mai nei tornanti della storia. A noi il compito di metterci in ascolto. Seguirlo è iniezione di fiducia».

I due incontri con don Bruno Bignami

L’appuntamento del 19 alle 20.30 al Centro studi Filippo Franceschi di Padova, è organizzato dall’Ufficio di pastorale sociale e del lavoro della Diocesi di Padova, in collaborazione con Azione cattolica diocesana, Noi associazione, Ucid Padova, Fisp Padova, Acli Padova, Agesci colle-mare. Il 20 invece l’incontro formativo per preti è a Villa Immacolata dalle 9.30 alle 17 sul tema “Politica , democrazia e partecipazione”. Con don Bignami, Andrea Michieli avvocato, dal 2019 direttore dell’Istituto di Diritto internazionale della pace Giuseppe Toniolo.

Andrea Canton

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